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giovedì 21 novembre 2019

L'Istituto (2019) by Stephen King




The Institute (2019)
di Stephen King
edizione Sperling & Kupfer - pag. 565
21.90 euro


Ci sono ripetizioni che non sono così stanche e barocche come negli ultimi film di Tarantino. Ripetizioni che invece hanno il sapore di un delizioso ritorno a casa. Questa è l'ultima fatica letteraria di un autore superbo, ormai diventato anche icona di stile e proprietario de facto dei temi che gli appartengono e che qui sono riproposti in un modo organico e veloce. Stephen King significa bambini con poteri immensi che si ritrovano a fronteggiare un mondo ostile creato dagli adulti. Significa pistoleri veri o improvvisati o camuffati sotto altre sembianze ma che poi vengono fuori in tutto il loro eroismo, marcando il confine tra giusto e sbagliato pur tenendo conto delle ambiguità sottili dell'esistenza. Significa viaggi verso la libertà e di terre desolate che vanno dal Maine al South Carolina e oltre.

Significa in questo caso una narrazione che parte in modo travolgente con un doppio binario destinato a incrociarsi e man mano che le strade tendono sempre più a divergere la tensione sale, la posta in gioco si alza e si continua a fidelizzare con ogni personaggio, perfino tra i malvagi, per poi scoprire che le cose non sono mai così semplici. Che anche la risoluzione positiva dello scontro in realtà potrebbe portare alla madre di tutte le sconfitte: la fine dell'umanità. C'è Stand By Me (le dinamiche tra bambini), ci sono l'Incendiaria e Carrie (i poteri paranormali), c'è una fuga sanguinosa piena di dolore ma anche di gioia per la libertà ritrovata (una cosa che noi non smettiamo mai di sottovalutare nelle nostre vite) come potrebbe essere in The Shawshank Redemption o nei mondi astratti de Il Talismano, che almeno apparentemente non sono così lontani dal cosiddetto New England. Ci sono scelte che puzzano tanto di Ka (destino) e che in Florida fanno scendere da un volo in partenza per New York City e una vita nuova nel posto di provincia che non ti aspetteresti mai.

Ci sono riferimenti alle segregazioni in nome di una razza o di ricerche scientifiche nel Novecento che sono effettivamente un po' forzati e trattati con troppa leggerezza... il continuo ricordare gli orrori dei lager nazisti, per un romanzo di genere che invece vive di una delicatezza psicologica notevole, è abbastanza di cattivo gusto e fuoriluogo.

Per il resto è il King che ricordavamo da bambini (per quanto qui in sede di traduzione ci sia Luca Briasco e rimpiazzare il compianto Tullio Dobner che un anno fa ci ha lasciato) e per noi, quanto per i personaggi del romanzo, è davvero un bel ritorno alla meravigliosa letteratura americana che ci ha cullati per mano del Re: la nostra amata casa.


VP