
Il romanzo dell'indigeno Irvine Welsh (Leith, Edimburgo) era ambientato negli anni '80 britannici della Thatcher, anni di ultra-liberismo e ultra-violenza, ultra-sballo con droghe pesanti e Ultrà negli stadi capaci di atti orrendi. Uno scozzese lasciava i suoi paesaggi verdi in cerca di fortune a Londra, come Renton e i suoi della banda, che nella capitale dell'Impero riescono in un colpo di nientemeno che 14 mila sterline. In discoteca mettono Temptation degli Heaven 17, Atomic dei Blondie e gran parte del repertorio New Wave che fece il mito musicale degli anni '80 nel Regno Unito.

Film sui veri anni '80 britannici, scritto da un grande dropout dell'epoca, che diventa un film iconico del decennio successivo. Come Pulp Fiction, che invece era un'emanazione dei '70. Born Slippy degli Underworld come colonna sonora di un decennio di giovanilismo e ricerca di una felicità collettiva. Non solo nella droga, non solo immergendosi nel peggior cesso della Scozia. Quando uscì nel '96 rimanemmo tutti senza fiato: era un film che procedeva ad accelerazioni continue. Danny Boyle mostrava una capacità di sintesi e di eclettismo narrativo in grado di sbalzarci in avanti e indietro nel tempo con un'omogeneità tra gli elementi davvero sorprendente.

Rivisto oggi, con occhi e mente abituati al multitasking e ad ogni stratagemma narrativo possibile ed inimmaginabile, è un film davvero ingenuo nel presentare una realtà così ricreata e deformata dalle soluzioni visive che ogni grosso tema del romanzo di Welsh ne risulta indebolito. L'estetica prende l'intero sopravvento dell'opera. È un film meno drammatico, molto più legato ad un revival che ci riporta a quando eravamo adolescenti (all'uscita il sottoscritto era appena quattordicenne, giusto in tempo per non farsi colpire dal divieto ai minori).
A quanto eravamo ingenui anche noi.
VP