
Dall'altra parte del Tirreno c'è la Sardegna, con le sue spiagge paradisiache e l'opulenza billionaria. Ladispoli non vuole assolutamente competere in quel settore, non le interessa. Ladispoli è la storia di una piccola borghesia che va in Paradiso, una favola che dal dopoguerra è alla portata di un'umanità umile e spensierata, di tutti quegli Alberto Sordi e Anna Magnani che riproducevano nella vita reale gli input di benessere che gli esempi su schermo presentavano. C'è un'acqua pulita, a volte sorprendente, un lungomare da fare su e giù, stabilimenti balneari e baretti in cui sedersi all'aperto e godere della frescura umida che allieta le nottate. Ci sono eventi su eventi, che si traducono in esaltazione di un immaginario televisivo e musicale che appartiene a tutti: dalla nonna che guarda la De Filippi o Barbara D'Urso nel primo pomeriggio all'adolescente con gli ormoni in subbuglio, pronto a riempire i muretti del lungomare in attesa di una ragazza timida a cui scrivere col pennarello frasi d'amore.

Uno spirito che esalta la famiglia: tanti passeggini in vista, tante giovani coppie che a Roma ormai si vedono poco. O voi preoccupati dalla crescita zero dell'Italia, uscite un po' dalla città per rallegrarvi: esisteranno dei veri italiani anche nei prossimi decenni! I giovani sono seduti sui marmi bianchi col mare alle spalle e davanti loro c'è un via vai di gente, di nuove coppie, di fedeli cagnolini al guinzaglio, di anziani sottobraccio che danno l'esempio. Anziani che negli anni '60 erano proprio lì, magari senza trampoli, tatuaggi e smartphone in mano e che a loro volta rimpiazzavano le coppie del primo Novecento. È tutto chiaro, lineare: tutto strumentale, dalle librerie alle bancarelle al mercato del pesce dove si stringe amicizia e si parla delle bontà culinarie e non solo.

Ricordo come fosse ieri l'unica persona con cui ho mai avuto un rapporto colloquiale a Ladispoli: un albanese che mi offrì di punto in bianco una birra al bar in cambio di una conversazione. Arrivò da Tirana con la famosa "nave dolce" e passò gran parte degli anni '90 a girare di città in città, finché un giorno d'estate, che non aveva un posto dove andare, arrivò a Ladispoli per dormire sulla spiaggia. Cinque-sei anni dopo era con me, appena ventenne, a chiacchierare di vita e destini.

A Ladispoli, esattamente un anno fa, in un appartamento che non doveva essere tanto diverso da quello di mio nonno dove mamma ed io alloggiamo, moriva Laura Antonelli, la stupenda donna degli anni '70 che scatenò i pruriti di un'intera nazione. È andata via ingrassata, anzi oserei dire sformata, degente, in povertà, dimenticata da tutti, anche da quelli che ne avevano ammirato la malizia. La sua è una parabola di droghe, sfruttamento e un intervento estetico finito malissimo: una fortuna che gira le spalle e porta via la bellezza incredibile immortalata dalla celluloide. Camminando solo, in mezzo ai ragazzi che fanno i bellocci e si godono gli spettacoli offerti dagli stabilimenti (che spesso non sono altro che tributi di band ad artisti nazionalpopolari, Renato Zero e Lucio Battisti comandano), immagino Laura Antonelli prima di morire, completamente attorniata da questo oceano di normalità.

Mia madre mi irride, attacca facendo leva sulle mie insicurezze e la mia mancanza di valori veri. Ma io ho ragione: in posti del genere tutto ciò che di bello o brutto è successo negli ultimi 20 anni (soprattutto a Londra e a Berlino, la gentrificazione, l'accettazione e normalizzazione della diversità) appare così lontano. Un altro pianeta.
Incontro persino una ragazza bionda che al liceo faceva andare al manicomio tutti i ragazzi con la sua quinta di seno, i tacchi altissimi e le minigonne e le calze a rete in classe. È sposata con un ragazzo qualunque, neanche tanto bello, e ha tre figli (l'ultimo nel passeggino). Lei non mi riconosce ma una quindicina d'anni fa le ho fatto una corte spietata finché un coatto di Tor Tre Teste minacciò di tagliarmi lo zaino se non l'avessi lasciata perdere. Oggi è una normale madre di famiglia.
Magari le cose devono andare proprio così.
VP