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sabato 12 novembre 2016

INVASIONI, BARRICATE E TRUMP (12/11/2016)

Esattamente un anno fa al Parlamento Europeo si era in piena crisi migranti. Le frontiere tra Europa ed Africa Settentrionale e tra Europa e Medio Oriente iniziavano a intasarsi di persone che fuggivano dai rispettivi luoghi in cerca di altro. Un ragazzo biondo nordico, di quelli attivisti in prima linea per il riconoscimento dei Diritti, si lamentava delle spinte nazionaliste che riecheggiavano da tutte le parti dell'UE. Si lamentava degli ungheresi e delle loro riserve, delle frontiere bulgare, delle Destre Radicali che da allora inanellavano incredibili exploit soprattutto nei primi paesi d'accoglienza. Egli parlava di dati, cercava in ogni modo di convincerci che il flusso di persone che partivano verso le frontiere europee fosse estremamente contenuto rispetto ai problemi del mondo abbandonato e, di fatto, ben gestibile delle autorità dei singoli stati. Il suo volto era orgoglioso e combattivo, pronto a rinfacciare le sue tesi davanti a qualsiasi nemico dell'accoglienza. Nemici che oggi iniziano ad essere tanti.

L'Europa è in crisi, l'Occidente è in crisi: sono in crisi i valori di quel progressismo di cui l'UE si è fatta vanto e che rappresentano gli elementi insostituibili di tutte le persone che come me cercano di riflettere sulle proprie esistenze anche in rapporto con i problemi del resto del mondo. Un approccio detto da Radical Chic da parte dei rabbiosi che nelle periferie occidentali vivono i problemi della società come un peso sopportabile a stento. Coloro che vorrebbero tornare alla sovranità nazionale, ad una propria moneta, ad un senso di coesione di sangue, razza, visione della vita che si riappropri di un'esigenza da parte di tutti a servire e riverire la nazione e i propri fratelli concittadini.

Molta gente in tutta Europa vorrebbe tornare ad una condizione esistenziale dell'Era pre-Internet, pre-tecnologica, antecedente alle frontiere aperte e ad una cultura globale in cui tra un ragazzo greco, italiano, tedesco o norvegese le differenze si fermano a mere questioni formali: tutti parlano inglese, tutti escono insieme, tutti si scambiano ruoli e paesi. Oggi per un ragazzo di Stoccolma è molto più facile venire a Roma (volo lowcost di un paio d'ore più ostello ben organizzato) che raggiungere Umeå (nord) in treno esattamente come lo è stato per me, che a Stoccolma ci sono andato ben 2 volte e magari non ho mai visto le bellezze italiane soprattutto a sud di Roma. La curiosità per il diverso è la base della cultura progressista che ereditiamo dalla scuola novecentesca, post conflitto mondiale, e che il progresso tecnologico e l'efficenza dei trasporti transnazionali hanno esaltato dall'inizio del nuovo secolo.

Ma per uno come me che passa con estrema scioltezza da Roma a Stoccolma a Parigi a Budapest a Tallinn, c'è invece chi ancora usufruisce delle proprie scomodità culturali per raggiungere, anche col cuore, spazi di terra marginali che costituiscono un sentimento comunitario. È un po' la differenza tra lo Ius Soli e lo Ius Sanguinis. Gente che continua a pensare il mondo in modo tribale, che vorrebbe costruire intorno a sé un sistema di valori tradizionali in grado di dare identità al proprio essere razza, popolo, persona che sacrifica la libertà individuale sull'altare di una sacralità etnica. Queste sono le persone della nuova Destra, quelli che ci sono sempre state, quelle che non si sono mai poste l'obiettivo di imparare davvero bene una lingua straniera e convivere 24 ore su 24 con gente di altre nazioni e culture. Quelli che vorrebbero tornare a figliare come si faceva durante il boom economico, con uno Stato forte che ti aiuta, che incentiva il rispetto delle tradizioni anche a scapito della libertà individuale ed individualista degli altri.

Gente così esiste eccome e ultimamente ce ne stiamo rendendo conto. Anzi, la verità è che in fondo siamo tutti un po' ciechi: loro sono la maggioranza, anche se la nostra cultura tende a imperare ed oscurare. È così dappertutto, in ogni singolo paese che ho mai frequentato. Ed infatti si può dire tranquillamente che esistano due Europe che convivono ma sotto sotto si disprezzano. C'è l'Europa di coloro che si spostano continuamente, che studiano le lingue, ben disposti a lavorare in altri paesi dell'Unione (o addirittura in Africa o Asia), che ancora non figlia e forse mai figlierà, sradicando del tutto i pochi rametti che hanno resistito per creare una società nuova che probabilmente mai è esistita (forse in Unione Sovietica, ma senza la libertà dell'individuo). E poi c'è l'Europa di chi si oppone a tutto questo, di chi vuole l'esclusività dei rapporti, di chi vuole tornare nelle Chiese e sentire una spiritualità comune che mai nessuna intelligenza potrà mai intaccare.

La guerra non è più tra Destra e Sinistra, ma tra queste due visioni del mondo, perché è da lì che nasce ogni problema, ogni disputa intestina. Perché i migranti arrivano in Europa? Tutti i migranti vengono da zone di guerra o semplicemente sono in cerca di welfare, pesando sui poveri cittadini che non ce la fanno ad arrivare a fine mese? Che fine faranno i migranti una volta accolti? Come caspita troveranno un lavoro se la disoccupazione giovanile ha percentuali record e la crisi non dà cenni di tregua?

Ma se ogni risposta ad ogni domanda per l'intelligenza ha una risposta che non prevede il migrante quanto tale, quanto l'individuo con pari diritti di un autoctono, per la pancia vuota, che perde la sua connessione col cervello e l'insostenibile leggerezza dell'essere, si tramuta in un abbrutimento esistenziale portato alle estreme conseguenze. I fatti di Goro (nel ferrarese), con i cittadini barricati per non accogliere donne e bambini, sono il risultato dell'applicazione della politica progressista, europea ed occidentale, in un contesto di volontaria e cosciente estraneità al mondo contemporaneo.

La vita nelle provincie più chiuse ha i ritmi di un lungo sonno collettivo, un nido di riparo dal caos delle tecnologie e dei trasporti, del capitale che regola le vite del mondo. Gente che sceglie di vivere in un contesto del genere non vuole e non può accogliere: manca la forza vitale, quella spinta quasi ormonale al confronto tra culture. Un mondo che è più simile all'Ortodossia russa che all'Occidente con le sue conquiste. Infatti i migranti puntano a raggiungere Germania e paesi scandinavi: non si sognerebbero neanche di finire nei paesi dell'ex blocco sovietico e tutti i ripartiti nelle nazioni dove prima c'era il Comunismo con le sue limitatezze non se la passano affatto bene.

Un mondo, quello della Polonia, dell'Ungheria, degli stati baltici, inglobato nella Nato, per cui la bandiera nazionale non andrebbe mai ammainata, a favore di popoli e culture tenute ben escluse dalla vita collettiva. Nel conflitto siriano scoppiato in questi anni sono rimasti in pochi a sognare una Democrazia di stampo occidentale in Siria e questi pochi, che puntano il dito contro la dittatura di Assad e sostengono il fronte ribelle al governo (da cui purtroppo vengono gli effetti collaterali dello Stato Islamico), sono mossi da un'inguaribile, forse ingiustificata, romantica idea di un individualismo in grado di spodestare le tradizioni ferree.

Lo fanno gli Stati Uniti e i paesi europei più benestanti (Germania in testa), chissà quanto in buona fede. Sicuramente non lo fanno i russi, che, ringalluzziti dalla politica putiniana dell'ultimo decennio, tornano ad imporsi con la loro visione collettivista e popolare di tradizione URSS. Ai russi va bene Assad; i diritti dei singoli individui, i diritti dei dissidenti, non sono niente di fronte alle tradizioni e alle identità esclusive. Potrà mai esserci una nuova guerra nucleare tra USA e Russia?

Avesse vinto la Clinton, le nuove elezioni americane, forse: i cosiddetti "neocon" non sembrano molto preoccupati delle diatribe internazionali e che importa se in mezzo c'è l'Europa. Che importa se le aziende italiane perdono parte del proprio ricavato grazie alle sanzioni verso Mosca: ma è da qui che nasce la nuova Rivoluzione dei tradizionalisti, dei sovranisti, dei non disposti a cedere comodità per una società nuova, moderna e inclusiva.

Personalmente credo sia più facile che da tutto ciò possano nascere guerre civili all'interno dei singoli stati: cose molto simili al conflitto ottocentesco tra Nordisti e Sudisti, che non solo aveva come terreno di scontro la visione della schiavitù, ma anche di un'economia industriale che avrebbe soppiantato quella manufatturiera e contadina, dei campi di cotone negli Stati Confederati.

Ha vinto Trump, forse vinceranno la Le Pen, Salvini, l'ultradestra para-nazista tedesca, l'Est Europa è già un focolaio. Ma cosa sarebbe successo se i Democratici americani non avessero accantonato Bernie Sanders, per il quale tutti noi progressisti facevamo il tifo, per candidare il personaggio più oscuro della politica americana, una donna di potere con scheletri (e corna) nell'armadio? Una che dal primo momento ha accompagnato Trump in uno scontro politico fatto di sessismo, razzismo, gossip, colpi bassi (intesi di bassezza culturale) che hanno svilito la nobile tradizione del Partito Democratico degli Stati Uniti d'America. Si è parlato di pugni in faccia da parte di attori famosi, di checche isteriche da parte anche di un grande regista: una vergogna che ha fatto la gioia dell'America più volgare che non a caso ha scelto il suo degno rappresentante.

Troppo difficile scegliere il socialista Bernie Sanders (ovvero uno che da decenni si batte per la parità dei diritti, anche delle minoranze), vero cari amici americani? Perché un Socialista in America è come un Comunista e per un paese che ha fondato le sue paure sulla sana disuguaglianza del mercato ciò è inaccettabile. Un tabù! E chi ha acquisito una posizione, anche da ex migrante, magari di seconda generazione, cerca di conservarla con le unghie e i denti: una stessa prevaricazione di cui sarebbe stato vittima appena qualche decennio prima.

A volte vorrei chiudermi in un'élite vera, quella in cui si può esercitare un'armonia attraverso cui vivere e sognare, scoprire e conoscere. Gli slogan sono sempre dietro l'angolo, l'aggressività dei popoli, la poca voglia di venirsi incontro e di comprendere davvero, senza rabbie vomitate a destra e a manca. Soffrirne i dolori della vita e cercare in ogni modo di creare sempre qualcosa di valore.

Al di sotto di tutto questo, davanti a noi, c'è l'animale.


VP