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mercoledì 16 settembre 2015

IL FAVOLOSO MONDO DI PRAGA (16/09/2015)

Il volo che mi porta in Repubblica Ceca per la seconda volta è preso d'assalto da gruppi di pischelli romani in cerca di clubbing, birra e donne. Li guardo con ammirazione pensando alla mia prima volta mancata, quella di un viaggio di scuola che pagai al completo salvo poi finire a casa sotto le coperte con 40 di febbre: affrontare l'inverno mitteleuropeo con i brividi non era il caso. Chissà com'era Praga a fine anni '90, quando il paese s'era aperto al turismo di massa occidentale da poco: chissà cosa avrei imparato, come avrei vissuto il rapporto con le mie compagne (eravamo 3 maschi a fronte di 18 femmine) a paragone con la sfilata di esemplari femminili che quelle strade di storica bellezza probabilmente offriva ieri come oggi. Il fascino vellutato di Praga è un'eco di coccole nella memoria di ogni adolescente o post-adolescente europeo; di scolaresche ne è ancora piena e vorrei pur vedere: il posto è incantevole, la sicurezza ottima, i servizi non di primissima qualità o tecnologia ma funzionano tutti alla grande.

Dopo aver cambiato gli Euro con le Corone, parto in destinazione di Praga 2, dove ho il mio ostello. Aiuto una coppia napoletana a orientarsi e un tipo grassoccio del meridione, uno con le borchie, la maglia nera metal (degli Iron Maiden se ben ricordo), i pantaloni col risvoltino, mi si attacca parlandomi del più e del meno. Dice un sacco di banalità, esclama quando becchiamo un gruppo di rom dal finestrino del tram che ci porta alla metro, alla fine ci salutiamo con un "non è questo il Comunismo che vogliamo" detto da lui e io che rispondo: "ah senza dubbio".

Già, il Comunismo: il fenomeno che ha rinchiuso Praga nei dogmi sociali del blocco est, privandola del suo ruolo di capoluogo fondamentale dell'Europa centrale. "Che c'entra questo posto col Comunismo?" è la domanda che più di tutte ritorna nelle peregrinazioni da un lato all'altro del centro (ovvero Praga 1).

A Praga c'è stata una primavera, che nel '68 coincideva con la voglia di Socialdemocrazia, perché quando ti tolgono la libertà se ne va anche la dignità umana di essere pensante, o almeno così la vedeva Alexander Dubček, il politico slovacco che diede il via alla rivolta. Così non la pensava Leonid Brezhnev e l'Unione Sovietica invase coi carri armati. Tutto rimase come prima, ma alla lunga distanza fu la più grossa dimostrazione di anti-Sovietismo nell'Est (probabilmente insieme al gruppo Solidarność in Polonia), il primo scricchiolo della caduta di un sistema.

A Praga il Comunismo è rievocato dai musei, primi luoghi di peregrinazione per professoresse e studenti liceali. Grazie a Dio non c'è traccia di esso (o se c'è è molto marginale) nel magnifico paesaggio al termine della salita per il Castello: paesaggio di tetti rossi e un orizzonte sublime, abbassi gli occhi e ti trovi il Medioevo di sassi e locande. Scorrazzando su e giù per questo giro, il turismo e la voglia di fotografare e stupire gli occhi cedono inevitabilmente il passo all'intimità.

Praga è una città che ti scava dentro: ti scava dolcemente fino a toccarti il cuore. Si mangia benissimo e la birra è clamorosa a costi risibili che farebbero impallidire il resto delle capitali, forse esclusa la Lithuania (dove anche lì si beveva alla grande con poche monete). È abitata da una popolazione tra le più accoglienti in Europa, un popolo che non sa cosa sia lo snobismo e che ama i turisti e i visitatori tutti. È la capitale di un paese grande quanto una regione della Germania, dove si parla una lingua che neanche più gli slovacchi parlano (ovvero quelli che fino all'89 erano connazionali). Una lingua difficilissima persino per gli slavi, in cui per pronunciare le parole devi accostare numeri imprecisati di consonanti.

Per i cechi fondamentale è imparare l'inglese, anche se la cameriera di Costa, dove vado a fare colazione sotto l'ostello, non sa riportarmi la somma da pagare. È bionda, bella e fredda, ha il viso spento e rigido, severamente sottomesso: lei s'impappina e le scappa un "come on, say me..." e quando io le dico la cifra da pagare correttamente in inglese lei finalmente mi ripaga con un sorriso.

Visito San Vito, Ponte San Carlo e amo perdermi nella bellezza indiscutibile che mi circonda. Decido di andare a musei, quello del Comunismo lo evito come la peste e finisco per visitare il più famoso di tutta Praga: quello delle torture medievali. Organizzato da un gruppo di persone, ex ragazzi tendenzialmente punkettoni di 20 anni fa, che l'ha avviato con risorse proprie, si avvale del contributo di tutti e vive di donazioni. Il registro che anch'io firmo con una mia dedica in romanesco è un compendio di considerazioni tra il basso e il raffinato che mi prende almeno un quarto d'ora. Pensandoci bene, quel libro potrebbe rappresentare quel che Praga offre ai suoi visitatori, intendo dire oltre alle bellezze architettoniche e paesaggistiche.

Dal crollo del mondo comunista Praga è stata la prima città insieme a Budapest ad aprirsi al turismo sfrenato dall'Occidente, che a dire il vero pure prima c'era (a costo però di sorbirti una guida locale obbligatoria che non ti lasciava mai). E inevitabilmente, vuoi per la povertà relativa del mondo che l'aveva inglobata, vuoi per la qualità delle ragazze che la popolavano, è diventata da subito una delle capitali del sesso a pagamento. Questo già mi era chiaro una decina d'anni fa, quando facevo il montatore video per un'azienda che si occupava di download mobile. I video più richiesti, che spezzettavo, etichettavo e inserivo in un server, venivano da un locale pubblico leggendario che prendeva il nome di Big Sister.

Si tratta di un locale ormai chiuso, all'interno di un palazzo fuori dal centro (in una delle diverse Praghe che vanno dal 2 al 10) con i piani a tema (Paradiso, Inferno etc.): un bordello dove tu non pagavi ma firmavi una liberatoria per essere filmato e intrappolato nella rete. Chi avrà mai avuto questa brillante idea? Un italiano, ovvio! Purtroppo dal novembre 2010 questo esempio dell'ingegno italico non esiste più: ci sarei passato sicuramente, se non altro per la soddisfazione di vedere da dove venisse il materiale di tante ore davanti alla moviola.

Poco male perché la lista dei bordelli si spreca. Ad esempio all'inizio non sapevo che vicino al mio ostello ci fosse nientemeno che il più famoso di tutti quelli ancora in attività: il K5. Esso è posizionato in una strada non troppo affollata dove passandoci vicino non sentivo altro che schiamazzi di ubriachi. Vengo a conoscenza di ciò nella sala Internet dell'ostello. Tanti ragazzi non si lasciano condizionare dalle compagnie anche femminili (soprattutto gli americani in gruppo) per spulciare apertamente i siti di questi locali a luci rosse. Ne parlo con un biondissimo ventitreenne che ha appena passato un anno a Bangkok tra bevute in discoteca e puttane. Mi dice che a Praga, così come in Thailandia, andare a prostitute sia una cosa normale... "voglio dire, chi è che non ci va. Se non ci vai non sai che ti perdi". Ed è pure un bel ragazzo. Volete sapere se alla fine al K5 ci sono andato? No, non ci sono andato, purtroppo. Ci sarei andato sicuramente se non mi fosse successa una cosa qualche giorno prima.

Ero in camerata in ostello preda di un testa di cazzo di Montreal che aveva attaccato bottone e non mi lasciava uscire. Parlava di quanto odiasse l'America, i borghesi e quanto fosse contento di andare poi a Barcellona a una manifestazione comunista. Io, che di robe di quel tipo a Roma me ne sono sorbite più di una, cercavo di compiacerlo per sbarazzarmene il prima possibile. Quando un olandese di 18 anni lo portò via dalla camerata, tirai un sospiro di sollievo. Presi giacca e portafoglio e mi preparai a uscire. Poi però entrò in stanza un messicano, uno di quei tipi un po' massicci, col capello cortissimo e l'aria da macho. Lui mi fa: "stai andando via? Che devi fare?". Io rispondo: "perché?". "Dai, usciamo insieme! Mi sto vedendo con un'amica di qui che magari porta altre ragazze. Andiamo insieme!".

L'appuntamento era in un parco di Praga 2. Le ragazze erano in tre e si presentarono in perfetto orario. L'amica del messicano, bionda, occhi azzurri, altissima, lo abbracciò, baciandolo sulle labbra. Io rimasi accovacciato sulla panchina leggermente imbarazzato; le altre due (l'una mora, occhi neri, tatuaggio vistosissimo sullo spacco del seno, l'altra bionda tinta, occhi marroni, decisamente più grande, molto alta) mi dissero: "dai vieni pure tu". Finimmo tutti quanti in un appartamento: in ogni stanza c'era un letto e il messicano e la bionda si fiondarono sul primo a disposizione. Io rimasi da solo con le due amiche: "e quindi?". "E quindi andiamo!" disse la bionda. Ci chiudemmo in stanza in tre, io e loro due per ben due ore. Non m'era mai successo.

Al ritorno in ostello andai subito a cercare l'inglese biondo. Una volta trovato gli raccontai tutto davanti a un boccale di birra. Lui mi disse: "è chiaro, ti hanno portato un Privat". "Cosa? Che cazzo è un Privat?". "È un bordello privato che costa meno dei locali pubblici. Sono posti di cui tutti sanno ma che in teoria sono contro la legge". "Ma le ragazze non m'hanno chiesto soldi!". "Significa che piacevi a loro... da quel che ho capito tante ragazze anche normali a Praga a volte arrotondano con qualche annuncio. Insomma è un sistema non ufficiale ma accettato". Riflettei a lungo su quelle parole e decisi che, per quanto mi fossi divertito quel giorno, da quel momento avrei passato serate solo in compagnia di ragazze normali. Davvero normali, senza arrotondamenti.

Su Couchsurfing trovo Michaela, una ragazza che ospita gente nell'appartamento in cui vive insieme al suo gatto. Ci incontriamo per due sere consecutive insieme al suo ospite Mustafa (turco, musulmano, mi chiede se sono ubriaco appena mi vede, poi ci conosciamo meglio e facciamo amicizia) di cui una la passiamo al Karlovy Lázně, la discoteca più turistica della città. Si tratta di un locale a più piani con tipi di musica diversi. Prima di entrare Michaela (che non ho capito che lavoro faccia, solo che anche lei ha la Thailandia come meta preferita, però con ben altri scopi rispetto all'inglese dell'ostello) ci tiene a farmi sapere che non sia il suo ambiente ideale: lei (che è sorridente, simpatica, solare, elegante e semplice) preferisce le discoteche dove si balla musica cubana oppure i posti dove si beve champagne e tutti sono vestiti con abiti che di costo superino almeno lo stipendio medio in Repubblica Ceca.

Al Karlovy Lázně mi trovo alla grande, ballo musica Disco anni '70 che mi va a genio e bevo tanta birra fino a mandarmi all'aria l'intestino. Faccio colpo su una ragazza araba che mi fa notare Mustafa: io gli rispondo che ho appena fatto sesso con due sventolone ceche e lui si complimenta. In pista gli americani fanno un gran baccano e ci provano spudoratamente con le biondine locali che giustamente se la fanno sudare un po'. Qualcuno riesce nell'impresa, altri si rifugiano nella birra. Io mi rilasso e poi saluto Michaela e Mustafa per tornarmene in ostello.

La mattina seguente, prima di prendere il treno, visito il museo su Karel Zeman, che non ha niente a che vedere con l'allenatore di calcio, ma per chi non lo sapesse è uno dei più grandi animatori europei della storia. Le sue tecniche erano all'avanguardia e il museo rende onore al suo Cinema.

Ma anche questo mondo irresistibile, elegante e alla portata di tutti nasconde un lato macabro, l'orrore quotidiano ancor più profondo di ogni tortura medievale esibita in uno spazio chiuso. L'orrore della vita e della sua pesantezza. No, anche in questo mondo che ci appare in tutta la sua soffice magniloquenza, esiste il mal di vivere e prende le sembianze di una ragazza alta, mora e con tutte quelle cose che catalizzano le attenzioni di ogni uomo con appena il senso del gusto. Questa ragazza mi appare alla fermata della metro e guarda in mia direzione, poi barcolla, chiude gli occhi e li riapre come se si sforzasse a guardare. Barcolla ancora un po' e finisce per appoggiarsi ai cartelloni pubblicitari, con le occhiaie segnate di grigio, il grigio della sofferenza. E così, una volta tornato a casa a Roma, faccio una ricerca su Internet e scopro che la Repubblica Ceca è tra i primi produttori e consumatori di eroina nel mondo. Ma come si fa a soffrire in un mondo del genere? Praga non è abbastanza?

Me lo chiedo al ritorno in ostello mentre un vecchio senzatetto mi chiede di andarci a prendere una birra insieme, così per farci quattro chiacchiere. Io gli rispondo che purtroppo devo andarmene in Germania. Lui ride e mi fa, in un inglese quasi impeccabile, un in bocca al lupo.

Preparo lo zaino e penso al posto, ai monumenti, ai musei, alle strade, alla gente, ai ragazzi locali e stranieri che in questo soggiorno ho incontrato. Al piano di sotto, mentre pago per andarmene, incontro i volti soddisfatti degli altri ospiti che partono a loro volta. Chissà che hanno fatto a Praga rispetto a me. Chissà.

Il treno mi porta via e man mano che lascia il suolo ceco è come se una luce si spegnesse tutt'attorno. Praga non è solo una città magica. È anche un posto che coccola i tuoi lati più nascosti, anche quelli più imbarazzanti e infimi. È una città che dà dignità ai nostri peccati e alla nostra ricerca di sublime.

Voglio tornare... a Praga ci tornerò sempre!


VP