Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

sabato 7 luglio 2018

GOVERNO GIALLO-VERDE (07/07/2018)

 C'è un flash che ricorre continuamente nella memoria delle tornate politiche del marzo 2018: uno studio televisivo nazionale, una presentatrice di quelle curate e teoricamente imparziali, tanti divanetti davanti alla camera e al centro di tutto c'è l'ormai ministro Salvini che ride compiaciuto davanti ad una promessa delle sue: "con me l'Italia tornerà un po' come quella dei nostri nonni". Mi viene un sussulto e non di stupore: ormai a 34 anni ho capito perfettamente il gioco delle parti e aspettarsi la disonestà intellettuale dell'imbonitore del popolo è purtroppo nella logica delle cose. Eppure non riesco davvero ad abituarmici, un po' per carattere, un po' per una strana fascinazione verso il basico istinto del meschino. Quello che in parole povere lo stesso ministro cavalca fin dalle sue prime uscite pubbliche. Non importa che l'Italia non tornerà mai quella dei nostri nonni, non importa che ai tempi a cui il suddetto ministro farebbe riferimento la popolazione mondiale fosse al massimo un terzo di quella di oggi, che le città fossero diverse, che la struttura geopolitica del mondo fosse completamente aliena rispetto ad un mondo tecnologicamente avanzato, in cui non si muore di poliomielite come l'amichetta in carrozzina di Heidi. Eppure il popolo non vuole sentire altro: voglioso di abbeverarsi di una realtà altra rispetto a quella che di riffa o di raffa ci obbliga a prendere per le corna le sfide del presente, che ovviamente non sono quelle di 70 e passa anni fa, ma per l'appunto sono quelle di un mondo occidentale in crisi a 70 anni dall'ultima guerra, che si trova di fronte un panorama del tutto inedito e del quale fatichiamo a scorgere il punto massimo degli orizzonti.

L'immensa paura di un futuro ignoto, di problematiche epocali come quella dei migranti su larga scala, la disoccupazione di chi è giovane e di chi non lo è più e fatica inesorabilmente a reinserirsi in una società che si fa di giorno in giorno sempre più complessa, un mondo della tecnica che ha uno sviluppo iperbolico e continua a macinare chip e potenza di calcolo ad una velocità sempre più vertiginosa tanto che in pochissimi riescono star dietro e capire come trovare una strada se non per la felicità quantomeno per qualcosa di stabile, sono i marchi di fabbrica di questo fine di secondo decennio del XXI secolo; ancora simile, guardandoci indietro e con le relative proporzioni, alla Grande Depressione americana degli anni '20: una depressione superata dalla fine del proibizionismo e dalla vittoria statunitense della Seconda Guerra Mondiale.

Noi, che passiamo intere giornate connessi ad internet, in un sub-universo che ci permette di comprare oggettistica e non solo su Amazon, recapitate a casa da corrieri vittime del libero mercato alla base della nostra libertà individuale, sempre più vessati da dinamiche multinazionali e multi-liberali, "multi-mondo", che si sono sganciate dalla pressa di sindacati e unioni di lavoratori... dei diritti sociali che hanno ceduto il passo a quelli civili del singolo individuo e non di una categoria. Noi, che abbiamo la possibilità illimitata di personalizzare ogni piccolo particolare della nostra quotidianità di fatto rendendoci più lontani l'un l'altro, portando al grado zero la nostra naturale e umana propensione al tribale. Noi, a cui non viene più stampata alcuna etichetta sulla fronte, come accadeva ad un operaio o a un borghese del Novecento e che teoricamente possiamo passare dal grado di camerieri a quello di imprenditori con una buona dose di coraggio, capacità di osare e fortuna che mai dovrebbe mancare. Noi saremmo felici o propensi di rischiare la morte (perché una guerra rigenera sempre una società partendo da un duraturo stato di pericolo per chiunque, ricchi, normali, poveri, poverissimi) per superare la crisi economica ormai scoppiata un decennio fa?

Non saprei darmi una risposta, fatto sta che i risultati delle politiche degli ultimi anni e le pulsioni di cui sono letteralmente attorniato, ben riportate su ogni chat o ogni commento di post di giornale di un internet sempre più sfogatoio pornografico dei propri lati più reconditi, parlano di un desiderio comune di un egoismo in grado di prevaricare l'altro. E che vive con immensa sofferenza e sdegno le spinte radicali dei diritti di minoranze e diversi, come se questi rappresentassero una seria minaccia all'attenzione esclusiva di una moralità illiberale che poi era quella del mondo dei nonni a cui il ministro Salvini faceva riferimento durante le sue performance in studio.

La lezione di 20 anni di berlusconismo hanno insegnato al ministro e anche a noi stessi (ma evidentemente a tanti ancora non è bastato) come la logica della vendita si sia impossessata della politica. Tu alla persona arrabbiata, sola, triste, spiazzata dai cambiamenti e dai negri che ti fermano per strada per qualche moneta e che fino a qualche decennio fa (per l'appunto l'epoca dei nonni) non c'erano in Italia, puoi promettere anche l'irrealizzabile infinito: lei preferirà le tue avances rispetto a chi tratterebbe il popolo con rigore sbattendogli in faccia le responsabilità e le conseguenze di ogni scelta scellerata. Il partito politico che ha intrapreso questa strada, che è l'unica davvero sana e in grado di invertire la tendenza a fare debito che poi la gente stessa vive con sofferenza arrivando bestialmente a mettere in dubbio la grazia di ogni cosa, ha preso in sede di elezione una percentuale ridicola tanto da essere la vera sconfitta della tornata elettorale. Altro che Partito Democratico.

Che nel frattempo è in uno stato confusionale allarmante, preoccupato a ribadire le proprie posizioni aprendosi però alla grande massa di gente sbraitante, illiberale e altamente non solidale che ha sancito la vittoria netta della pretesa di un egoismo, un chiudere gli occhi davanti a quello che succede nel mondo, che vorrebbe sfruttare lo stesso mondo però mettendosi al riparo dalle contraddizioni e dagli impegni importanti che esso impone in questo preciso momento della storia umana.

E in questo caso bisogna fare un distinguo: al contrario di tutto ciò che concerne la Lega e la sua visione ora nazionale, prima regionale, ma comunque tesa ad escludere il diverso in modo rozzo e grossolano, escludendo anche le responsabilità e gli obblighi che un mondo interconnesso e globale prevede, che attraverso personaggi come come il ministro Fontana o ad esempio Borghezio crea un filo diretto con le realtà più meschine di complotti e lotte al capitale mosse innanzitutto da un desiderio barbaro di privare categorie di persone altre da diritti sacrosanti (spesso con rituali anche molto folkloristici come accade puntualmente a Pontida), il voto al Movimento 5 Stelle, soprattutto al Meridione, è un voto che rispetto enormemente. E non perché negli anni scorsi sia stato anche un grande sostenitore del movimento, quando c'era più Grillo e meno Di Maio. Bensì in quanto, i compagni del PD e Sinistra permetteranno, il Movimento 5 Stelle con la sua forse stramba proposta del reddito di cittadinanza porta alla ribalta, peraltro con grave ritardo del resto delle forze politiche, il tema di un mondo ormai completamente stravolto, in cui il mercato ha modificato ogni dinamica socio-economica esistente fino a qualche anno fa e in cui siamo tutti e sottolineo tutti in pericolo di essere superati se non di povertà.


È un pigreco, un punto interrogativo che qualcuno in alto dovrà sciogliere in qualche modo possibile: i poveri aumentano e la cosa davvero allarmante e diversa rispetto al mondo dei nostri nonni decantato da Salvini (che era solidale proprio in quanto intelaiato in dinamiche comunitarie talvolta illiberali nella loro morale anche religiosa ostentata e soprattutto in quanto reduce dalle guerre dalla fame vera, con un paese da ricostruire e che non poteva tollerare l'egemonia di un desiderio individuale) è che i nuovi poveri vengono da una borghesia non abituata per niente alla povertà. E che si ritrova povera così, di colpo. Il libero mondo talvolta fa paura, una paura che si annida dietro i razzismi, presunti fascismi, spinte identitarie che di intellettualmente provato hanno poco e che invece dovrebbe essere affrontata con estrema razionalità, in modo talvolta tecnico, non cercando la via di fuga per estinguere o tralasciare i propri debiti (solo una guerra sbroglierebbe una situazione del genere... se non paghi i creditori gli fai guerra, puoi inventarti quello che vuoi ma il debito pubblico astronomico, che tu ti chiami Italia o Grecia lo devi pagare, per forza altrimenti ogni sistema non avrebbe più senso di esistere) o facendo partnership con paesi che ancora non hanno capito i valori di un'Europa basata sui diritti fondamentali di base. Il governo giallo-verde e gli elettori che ne hanno fatto la forza guardano a Visegrad, ovvero a quei paesi dell'Unione che dall'Unione hanno preso i soldi per migliorare le infrastrutture (giustamente) senza però condividerne le grane del processo comunitario.

La bestialità anche in questo caso è sempre dietro l'angolo, la voglia ormonale dell'uomo forte, che si mostra a petto nudo in una raffigurazione tribale da mondo arcaico sciovinista che relega Kant o Hegel alla stregua di carta impolverata, la fascinazione per gli Orban e compagnia cantante, i grandi maghi che con fermezza e anche solo una felpa con riportato uno slogan di una banalità sconcertante si propongono di far sparire debiti, migranti, trattati firmati e di cui si sono goduti gli agi (che ci sono) e che dall'altro lato impongono le responsabilità possibilmente da schivare.

A furia di schiamazzi televisivi, di talk show con i ruffiani e i cani abbaianti di partito (anche Democratico), di commenti su Internet a giornali avversi mossi da un desiderio sempre più liberatorio e pornografico di insultare il rivale a mo' di Curva da stadio (tra PDioti, grullini, felpati, neri da mettere a testa in giù, zecche rosse), il caos prende i connotati di un grande e maleodorante spazio vuoto, in cui ognuno dice di avere gli strumenti adatti a risolvere i rebus e invece è tutta una gran confusione di niente, un niente che sarà cavalcato dai soliti rapaci che sul niente costruiscono fortune.

E la gente continuerà a morire nel mare dei porti che non possono essere attraccati, nella paura del futuro incerto, nel falso ricordo di un passato tutto sommato rassicurante e nelle prossime promesse elettorali che il mago di turno venderà a caro prezzo. A tutti.


VP