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lunedì 20 luglio 2015

RIVEDERE TERMINATOR 1 IN SALA (20/07/2015)

La sala stavolta non è gremita come per Blade Runner, ma poco oltre la nuvola di poltroncine vuote che mi circondano qualche voce blatera di un passato indefinito e indefinibile. Inizia lo spettacolo e dalle casse nascoste nelle imbottiture delle pareti viene fuori un suono in mono a cui non siamo più abituati. I bisbigli si caricano d'interrogativi: forse quei ragazzi hanno sbagliato spettacolo, hanno preso lo shuttle che li riporta al 1984 senza mettere in preventivo lo sconcerto dell'imperfezione tecnica.

Il primo Terminator non è un film generazionale come un po' tutti i prodotti che hanno avuto seguiti a oltranza eccetto Star Wars e Star Trek. Molti non lo ricordano, l'avranno passato di sfuggita in qualche TV commerciale e la visione sarà stata perlopiù distratta: una roba tanto per dire "ho visto anche questo". I cyberpunk che erano venuti per Harrison Ford, Deckard e Rachel (e Philip K. Dick) stavolta sono rimasti a casa: Blade Runner li valeva i soldi spesi, Terminator 1 non fa venire gran voglia. Perché non è un film così importante, non ha la nomea e le caratteristiche del prodotto epocale.

E invece il pubblico cinefilo ha sbagliato: Terminator vale la pena d'essere visto in sala. È un'esperienza mistica, estasiante, che ci racconta la Hollywood di un tempo non così lontano (eravamo bambini) eppure così diversa, di come eravamo e come (o forse cosa) siamo diventati.

Inizia semplicemente con un groviglio di fulmini e un operaio di colore che balbetta. Poi è il turno di Schwarzy, quello vero, quello piazzato, coi capelli a mezza lunghezza, quello cattivo, reduce da Conan di John Milius. Non ancora ripassato in salsa buonista dall'industria che di lì a poco avrebbe convertito al bene la mascella spietata e inespressiva. Noi Schwarzy lo preferivamo quando chiedeva a tre trucidi di dargli i vestiti e ad ogni coltello estratto corrispondevano tante botte austro-ungariche.

E invece il futuro yankee repubblicano diventò buono già in Terminator 2: il Giorno Del Giudizio, che era pur bello. Non quanto il primo ma era bello. Un film a cui sono anche molto affezionato: lo vidi al cinema con papà nel '91, avevo 7 anni e rimasi sbalordito (come tutti a quell'epoca) degli effetti speciali: uomini robot che uscivano dagli specchi e che cambiavano aspetto e voce all'occorrenza. Ad ogni passaggio in TV (abbastanza frequente per tutti gli anni '90) vedevo e rivedevo quel film ricordandomi del pomeriggio con mio padre e ignorando l'esistenza d'un capostipite che invece veniva mandato in onda rare volte. Eppure era ovvio che un film che si chiamasse Terminator 2 avesse avuto anche una prima puntata.

Puntata che rispetto al seguito (l'unico da prendere in considerazione) sembra un film d'avanguardia action, roba di gran livello: dopo l'incipit irresistibile il film schiaccia il pedale dell'azione e diventa vorticoso. Mette a ferro e fuoco Downtown L.A. mantenendosi a velocità estrema e senza dimenticare profondità dei caratteri e coerenza della storia. Il b-movie si carica di significati e arricchisce le emozioni di complessità narrativa.

Gioca sulla corporeità di tutti i personaggi, si fa beffe della moda e degli ambienti post-punk degli anni '80 pur inglobandoli nello svolgimento. Si concede pause brevi e perfettamente funzionali all'architettura dell'epopea che costruisce, un immaginario strampalato da prodotto di secondo ordine a cui James Cameron dà credibilità.

Hollywood di questi film non ne fa più o meglio ne fa pochi, ormai presa dalla pulizia tecnica del video e del sonoro, dall'effetto speciale eclatante per strappare il pubblico alla concorrenza di Internet e dei videogiochi. Il cinema commerciale ai tempi di Terminator 1, di Aliens (dello stesso Cameron), dello stesso Blade Runner si specchiava nella letteratura.

È cyberpunk, è scrittura. Chissà se i pochi spettatori, leggermente soddisfatti (così a me è parso), l'abbiano capito.


VP