

Il suo è puro pus underground di quella Era, formato, gonfiato e spiattellato sullo schermo, in un finale ancora scioccante nella sua sgradevole epopea, come il liquido di Blob, il cui remake uscì neanche a farlo apposta proprio quell'anno.
Sicuramente Akira fu in buona compagnia: oltre ai prodotti occidentali già citati, il filone cyber si sarebbe arricchito con la sua punta di diamante, Tetsuo, e il suo regista più eclatante Shin'ya Tsukamoto. Corpi che si fondono o si influenzano di invadenze tecnologiche, mondi distopici che assistono con impassibilità alla catastrofe, alla violenza e all'indifferenza (il post-umano) che ormai hanno il via libera.

E questo sarebbe un film d'animazione; un prodotto che sprigiona violenza in ogni frame e che ancora oggi (a 30 anni dalla sua uscita e con un nuovo doppiaggio italiano) ha la capacità di stordire lo spettatore con le sue urla, i suoi rimbombi, le sirene di un inferno di neon e grattacieli che sembra (e probabilmente è) l'anticamera dell'Inferno. E disorientare il pubblico di oggi, così come probabilmente quello di ieri, con una scrittura un po' sfilacciata che incespica nel finale, nel tentativo di dare a ogni personaggio una motivazione plausibile e al plot un sottotesto scientifico che sappia sorreggere il pirotecnico ambaradan.
Più di una decina di persone, soprattutto giovani, abbandonano la sala nel confuso pre-finale. Scommetto non per la violenza o qualsiasi shock morale della visione. Sono abbastanza certo che quei volti spaesati su cui ho spostato momentaneamente l'attenzione proprio per fotografare l'evento stessero cercando di ricostruire, poco prima di scendere l'ultimo scalino e varcare con titubanza e un pizzico di fastidio la tenda rossa dell'uscita, una possibile interpretazione di una storia che ad un certo punto diventa davvero cervellotica e ingarbugliata.

E questo mi fa pensare su quanto ormai noi abbiamo smesso di essere solidali verso gli artisti che non ci fanno capire del tutto le loro intenzioni, con i prodotti come questi, popolati di personaggi ribelli non soltanto nei mondi disegnati con gran dispendio di mezzi (per l'epoca fu una produzione che vide coinvolte le più grandi case nipponiche per un costo che superò di gran lunga le operazioni più ambiziose che si erano già fatte) ma anche e soprattutto ribelli nel nostro ormai scontato e catalogante modo di accogliere i caratteri di una favola.
Buon anniversario grande, scomodo, Akira.
VP