Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

venerdì 22 marzo 2019

Peterloo (2018) by Mike Leigh


Peterloo (2018)
di Mike Leigh

Rory Kinnear (Henry Hunt)
Maxine Peake (Nellie)
Pearce Quigley (Joshua)
David Moorst (Joseph)
Rachel Finnegan (Mary)
Tom Meredith (Robert)
Simona Bitmate (Esther)
Robert Wilfort (Lord Liverpool, the Prime Minister)


Rivivere la distruzione della guerra e il rischio della morte appena scampata direttamente a casa propria. È questo che accade ad un trombettiere di reggimento sopravvissuto a Waterloo, alla vittoria su Napoleone da parte dei britannici e i prussiani per una volta uniti, all'inizio così sperduto tra le macerie del conflitto e altrettanto perso una volta tornato alla sua contea del nord, nei dintorni di Manchester. Dove la pace non ha portato serenità bensì crisi economica per la classe operaia; le donne come sua madre faticano a mettere da parte abbastanza disponibilità per sfamare tutti i figli e né il Parlamento né tantomeno i ministri, i cancellieri o i giudici di corte fanno nulla per arginare lo strazio. Perché in realtà gran parte dei soldi vanno come ricompensa al valoroso Duca di Wellington che ha appena ridato gloria al Regno Unito e anche un comandante altrettanto stimabile e decente viene convocato per recarsi a nord e placare una volta per tutte le tendenze rivoluzionarie che mai come nel 1819 sono in fermento.

I francesi non sono solo un esercito sconfitto per i poveri di Manchester e di tutte le altre zone operaie del paese: sono soprattutto un esempio da seguire per la Rivoluzione che precedette proprio i moti napoleonici. È su questo sfondo di mercati di merce invenduta o barattata con estrema fatica per tirare a campare, facce e mani sporche e rugose che ancora non possono lavarsi di dignità visto che la classe egemone devota al Principe che poi diventerà Giorgio IV, preoccupato della salute del padre infermo tanto delle minacce dei "topi di strada" che lanciano patate come fossero sassi o proiettili, decide di rispondere alle organizzazioni sindacali con la repressione più brutale e la sospensione dell'Habeas Corpus (che nel diritto anglosassone significa libertà del cittadino di mantenere i propri diritti e di conoscere le motivazioni del proprio arresto), che si manifestano le diverse tipologie umane. Perché come diceva Platone ci sono tre classi di uomini: gli amanti della saggezza, quelli dell'onore e quelli del denaro. Gli editori di Manchester per la presentazione del grande evento sindacale di St. Peter's Field, in cui presenzierà il grande oratore degli offesi Henry Hunt, non credono alla pertinenza della citazione platonica fatta da uno scrittore. Non sanno quanto si sbagliano...

Una lezione di storia da parte del più sensibile e delicato, per quanto duro nello sguardo, degli autori inglesi, che davanti ad un budget decisamente superiore ai suoi standard, costellati di splendidi film sulle periferie grigie del Regno, non si lascia sfuggire l'occasione per rievocare una delle più nere pagine della corona britannica e celebrare i sacrifici di lotta per la dignità nella società classista per eccellenza. A ben vedere il film, recitato in stato di grazia da tutti (ma date le magistrali direzioni del cast a cui ci aveva abituato il regista non ci si può di certo stupire) e costellato da una ricostruzione storica e dei particolari brillante e profonda, anche nei rapporti umani, è una via di mezzo tra Il Giovane Karl Marx (in cui le strade sporche di Manchester erano percorse da Friedrich Engels che poi le avrebbe teorizzate) e Bloody Sunday di Paul Greengrass per il pathos dello scontro finale e lo sguardo morale del post-conflitto civile.

La straordinarietà di Mike Leigh è nel suo evitare le trappole della narrazione storica romanzata. Per quanto i personaggi siano tantissimi e non tutti adeguatamente sviluppati (ci sarebbero volute molte più ore delle già abbondanti due e mezza) le vicissitudini sono tutte studiate al servizio del panorama sociale del periodo e non atte alla valorizzazione degli archetipi narrativi che troppo spesso oliano i meccanismi del racconto nei prodotti di questo genere. Il film ha una sua autonomia linguistica e si concede il sacrosanto diritto di sbavare nei suoi tempi irregolari per fotografare con occhio sincero e lucido, quasi anti-romantico, un evento di due secoli fa esatti che, come i romanzi americani di Steinbeck e i saggi di Marx e Engels tornati improvvisamente in auge, mai come ora dialoga con il nostro tempo e con un'umanità tecnologica, presente e futura, ancora restia a superare i propri conflitti di classe per un futuro di solidarietà reciproca.

Chi si professa anche solo leggermente progressista non può non accorrere in sala.


VP