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sabato 2 febbraio 2019

Il Primo Re (2019) by Matteo Rovere


Il Primo Re (2019)
di Matteo Rovere

Alessandro Borghi (Remo)
Alessio Lapice (Romolo)
Fabrizio Rongione (Lars)
Massimiliano Rossi (Tefarie)
Tania Garribba (Satnei)
Lorenzo Gleijeses (Purtnas)
Vincenzo Crea (Elaxantre)
Max Malatesta (Veltur)


Premessa: a questo film non si può non voler bene. In primis perché rispolvera una mitologia nostra spesso soffocata da quintali di retorica urlata ai quattro venti, patriottismo di cartapesta e simbologie arcaiche alla mercé di lotte pseudo-politiche di semplice, contraddittorio e infimo spirito reazionario. Secondo perché finalmente il cinema italiano, in co-produzione con il Belgio, valorizza tradizione (quella vera) e territorio (riprese fisse nel Lazio come logico che sia) con beneplacito di commissioni che una volta tanto fanno il loro dovere. Si è di parte e non può essere altrimenti.

Anche perché Matteo Rovere (reduce dal successo di Veloce Come il Vento) sa come sfruttare i 9 milioni di Euro di budget per un salto nella Storia che non risparmia duelli anche a mani nude e dettagli tecnici impressionanti. E poi la lingua: finalmente, sulla scia di quanto fatto da Mel Gibson con i Maya (Apocaypto), si può dire di aver visto un intero film recitato in latino arcaico, sempre come logico che sia. Una ricostruzione filologica, ambientale e dei costumi ineccepibile, che ha coinvolto l'eccellenza della ricerca italiana, per la storia del fratricidio che ha dato i natali alla città che poi secoli dopo da reame divenne Repubblica, poi Impero, fino ad essere la Capitale di un paese spesso non all'altezza del Mito ereditato, ma che alla buon'ora si riscopre degno.

Certo il regista non riesce del tutto a tenere gli impeti, da metà film in poi il climax si basa sulle scene tutte un po' urlate da buona tradizione mitologica, e Alessandro Borghi è un mattatore nel tracciare l'ira funesta di Remo, che dapprima invocava la Diva salvo poi, una volta autoproclamatosi Re, ribellarsi al disegno degli Dei (che prevede il sacrificio di uno dei due fratelli sfuggiti dalle grinfie degli Albani) e sfidare i fuochi e le parole della vestale. In questo senso un Valhalla Rising di Refn gli è ancora un pelino superiore, ma tanto basta per gridare al miracolo, ancora una volta dopo Lo Chiamavano Jeeg Robot.

Da dedicare a tutti quei produttori che continuano a sfornare commedie e roba para-televisiva per pubblico medio privo di qualsiasi ambizione, come se già non ne avessimo le palle piene. Fotografia sublime di Daniele Ciprì e musiche di Andrea Farri. Ave!


VP