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martedì 26 marzo 2019

Dove Eravate Tutti (2011) by Paolo Di Paolo

Quando ad un compleanno (il 35esimo) ti regalano un romanzo, peraltro di un autore che non conosci come narratore bensì per la sua carriera giornalistica, è sempre una questione di tempo. Tempo passato nella libreria di casa finché una settimana che hai completamente libera, e nella quale ti trastulli in un riposo di oasi interiore, riprendi quel volumetto che dopo qualche mese si è impregnato di granellini di polvere e finalmente decidi di onorare il regalo in sé e la persona che te l'ha portato in dono.

Questa recensione non può dunque che essere dedicata a Lorenzo, il quale al di là del giudizio finale ha ben scelto la sua proposta per i motivi che ora andremo ad analizzare nel dettaglio.




Dove Eravate Tutti
di Paolo Di Paolo
edizione Universale Economica Feltrinelli -
pag. 220


Essere un classe 1983 e arrivare al 2009, anno di chiusura degli eventi narrati, pieno di dubbi. Dubbi sulla natura ancora ambigua di una generazione che ha passato gli "anni senza nome", ovvero gli anni Zero, tra viaggi, laurea e Berlusconismo a regime esattamente dal 1993 in cui il benessere dell'Italia degli anni '80 veniva spazzato dalla tempesta Tangentopoli e dalle stragi in Sicilia. Il protagonista è un tale Italo, ma in realtà è Paolo Di Paolo stesso... anzi no, in realtà i protagonisti siamo tutti noi che nel 1983, anno più anno meno, ci siamo nati... e ricordiamo perfettamente come gli anni senza nome siano iniziati, con lo stordimento di un essere italiani che non sarebbe stato più lo stesso, la perdita delle usanze di nonni e genitori che vanno su tutte le furie e si riprendono il diritto di fare le cazzate più giovanili che la nascita dei figli (prematura per i tempi attuali e invece usuale fino per l'appunto alla rivoluzione liquida partita nel '93) aveva precluso: il padre di Italo investe con la macchina un suo studente, forse volontariamente, la madre ad un certo punto prende la valigia e se ne va a Berlino, città che diventa a cavallo tra gli anni senza nome e gli anni '10 del nuovo millennio il centro catalizzatore delle ossessioni di una borghesia italiana stordita e che si muove tra il ricordo del tempo magico (il primo capitolo sugli anni '90 si intitola per l'appunto Fine Della Magia) e l'avvento dell'esterofilia berlinese.

Un'esterofilia forse falsa, perché la ragazza che Italo aveva fantasticato da pre-adolescente, su Facebook ha lo stato impostato a Berlino e Italo, che ci va in cerca della madre e anche in cerca un po' di se stesso, spalanca le porte alle suggestioni più disparate. Per poi scoprire che quello stato era per l'appunto solo una fantasia, una dichiarazione di intenti mai esaudita. La ragazza è ancora a Roma e il futuro chissà.

Paolo Di Paolo è un cronista de La Repubblica e dell'Espresso, voce ormai non più giovane di un modo di essere umanistici a Roma in questi anni. La sua predisposizione al racconto a metà strada tra giornalismo e scrittura creativa è evidente, soprattutto nella seconda parte di questo libricino, tutta incentrata sulla cronistoria, con tanto di foto di prime pagine di quotidiani nazionali, degli anni appena passati (dall'ossessione del Millennium Bug del Capodanno 2000, che fu per i classe 1983 anche il primo Capodanno di massa fuori di casa con gli amici, un dettaglio che non può non risultare emozionante per chi si trovava lì, a Roma, stesso periodo e stessa età, all'aggressione a Berlusconi nel 2009 con una statuetta del Duomo). Berlusconi che il protagonista cerca già di storicizzare con una tesi di laurea che non sarà accettata da docenti e assistenti.

Il meglio del libro è proprio in questi particolari che indagano sulle pulsioni di periodi ancora non decodificati dalla cultura di massa (soprattutto nel 2011, anno di pubblicazione), è il segmento in cui l'opera vola sulle ali del racconto generazionale, che parte dal privato per arrivare alla coscienza collettiva. Di Paolo non riesce però a mantenere lo stesso standard di brillantezza e di originalità nella terza parte berlinese, macchinosa, inconcludente come le impressioni e le scelte del protagonista. Tutto sommato, a lettura ultimata, si ha la sensazione di qualcosa di molto artefatto, di studiato a tavolino... e le note finali dell'autore confermano pienamente: si parte da un fatto di cronaca davvero accaduto (un professore che ha investito due studenti) e si procede con una serie di rimandi culturali scolastici che vanno da Rimbaud a Henry Miller a Walter Benjamin.

Insomma Di Paolo non è Pier Vittorio Tondelli ovvero colui che diede voce alle controculture giovanili a cavallo tra gli anni '70 e '80, quando affrontare certi temi era di gran lunga più ardito. Dove Eravate Tutti ha lo stesso valore di un film sulla borghesia romana che si sfascia diretto da Gabriele Muccino. Però è piaciuto in tanti, segno che noi classe '83 iniziamo davvero ad essere Storia.


VP