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sabato 16 luglio 2016

Pastorale Americana (1997) by Philip Roth



American Pastoral (1997)
di Philip Roth
edizione Einaudi Super ET
14 euro


Memorie del Mito dell'America che fu, l'America dell'immediato Dopoguerra, in cui tutte le famiglie devastate dai conflitti ricostruivano la grande industria e una società basata sulla tolleranza ma anche sulla diversità etnica e religiosa. L'immagine perfetta di questa spinta è Seymour Levov, biondo dal fisico aitante ed educazione "right", compendio del sogno di una perfezione perbene e moderata della borghesia ebraica. Giocatore di baseball collegiale e gentleman, acclamato, invidiato con rispetto, innalzato a totem di un modo ideale di essere maschi a fine anni '40. Un uomo così non può che desiderare il meglio, ovvero una Miss New Jersey '49, che è candida, elegante e di una bellezza struggente ma ha un difetto: è Cattolica e irlandese. Levov per la prima volta contraddice la pastorale di suo padre, titolare di una fabbrica di guanti che ha dato lavoro a tanti ma forse nei prossimi decenni delocalizzerà in Porto Rico e in Cecoslovacchia, generoso e austero esponente dell'America immigrata che a Newark s'è tolta dai pericoli delle strade per chiudersi in un rispettabile ghetto di produttiva ricchezza. È da questa piccola e innocente trasgressione che nasce la contropastorale: contropastorale che è controcultura, che si nutre della guerra in Vietnam, di Richard Nixon e del Waltergate, si nutre di una balbuzie adolescenziale e di un rapporto difficile con la famiglia (per quanto democratica e progressista pur sempre Ebraica e perbene) per poi liberare la propria carica distruttiva nel '68, quando Merry, l'amata figlia, scardina le sbarre dorate e abbraccia il Comunismo prima, la strategia del terrore poi finché non trova la purezza nell'estremismo religioso indiano. Un tale Zuckerman, scrittore e spettatore della grandezza del giovane Levov lo Svedese, racconta liberamente la loro storia, dopo un paio d'incontri con Jerry (il fratello di Seymour, divorziato e chirurgo benestante) e con lo Svedese stesso poco prima che la morte se lo porti via, con la sua malinconia e l'immortale tendenza del dare a tutti sempre un'impressione positiva e leggendaria di sé.

Il tema è importantissimo e attuale: il cambio di mentalità e di atteggiamento verso la vita e la comunità, la fine del Mito, l'inizio anche innocente della violenza, lo scontro tra senso d'appartenenza tradizionale e progresso e le sue derive, dai movimenti giovanili alla pornografia (più volte è trattato l'avvento di Gola Profonda e Linda Lovelace). Diversità e rispetto. La libertà e i limiti. Visioni del mondo comunitarie spazzate via dalla curiosità verso il diverso e insofferenza per le contraddizioni del mondo e le ipocrisie delle classi agiate che oziano e chiacchierano. Un'età dell'oro della morale che soccombe alla voglia viscerale di distruggere nuovamente per ricreare ancora sotto nuovi auspici e valori.

Il romanzo centra perfettamente i suoi intenti: è lungo, prolisso, ripetitivo, fatto di piccole scene (l'elezione di Miss New Jersey, le partite di baseball dello Svedese, la nascita di Merry, le devastazioni delle minoranze nere di Newark) che l'autore ripropone continuamente fino allo sfinimento. La lettura è infastidita e ci si domanda per quanto ancora Philip Roth ci voglia trasportare su e giù per gli stessi tre decenni (dal '40 al '75) e sottolineare le ossessioni conformiste della borghesia che descrive e di cui fa parte.

Forse non potrebbe essere altrimenti ma, al netto dell'importanza e dell'unicità tema, il fastidio accompagna il lettore fino al finale piuttosto caotico. Un autorevole scrittore sopravvalutato?


VP