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sabato 14 maggio 2016

Superwoobinda (1998) by Aldo Nove



Superwoobinda (1998)
di Aldo Nove
edizione Einaudi stile libero - pag. 200
11 euro


"Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal", così iniziava un manoscritto che nel 1996 l'editore Alberto Castelvecchi si vide recapitare in quel di via Isonzo (la strada delle case editrici romane) a firma Aldo Nove: un laureato in Filosofia Morale che chiedeva la pubblicazione per tirar su qualche soldo per "andare dai travestiti", come riportava la lettera d'accompagnamento alla seconda volata di bozze, di cui il prode Castelvecchi ci faceva partecipi nel colophon della sua edizione. Arrivava nelle librerie italiane Woobinda: e Altre Storie Senza Lieto Fine, antologia di micro-racconti divisa in 8 lotti di 5 storie ciascuno, successo letterario che portò alla ribalta un'avanguardia cannibale che nei decenni successivi si ripulirà a dovere (tra un Ammaniti diventato autore trasversalmente riconosciuto e lo stesso Nove che addirittura nel 2014 se ne uscirà con un romanzo su San Francesco).

Due anni più tardi (1998) Einaudi prende con sé il giovane Aldo e gli 8 lotti di Woobinda ampliandoli con altre 2 sezioni: "Il fantasma della f*** azzurra e altre storie moderne" e "Il mondo bello come le Spice che ballano e altre storie mitomoderniste". Nasce così l'attuale Superwoobinda, decalogo di perversioni italiane anni '90 che si consumano sullo sfondo di supermercati, strade e ambienti domestici con la complicità di un tubo catodico che non lascia via di scampo coi suoi buonisti messaggi promozionali (Nove si concentra soprattutto sulla TV commerciale di Berlusconi) a cui non possono che seguire le violenze più efferate, le visioni distorte, come naturale conseguenza della fine dei valori sociali e della solitudine individuale e individualista.

E allora ecco un figlio che uccide i genitori per non aver comprato il bagnoschiuma Vidal (il cavallo della vecchia pubblicità era un simbolo di purezza), la donna che desidera una notte di sesso con Magalli, una ragazza che acconsente a farsi praticare il cunnilingus mentre guarda l'Esorcista. E poi echi del conflitto in Jugoslavia e della povertà in Ruanda, yogurt, Carla Bruni, Gesù Cristo, il Pam, la merda e così via. Ogni narrazione inizia con la presentazione in prima persona del protagonista (che a volte è anche morto), con particolare attenzione ai segni zodiacali.

Il piccolo volume, frammentario, leggibile in piena libertà, senza un filo logico che non sia quello del sarcasmo, è senza dubbio uno dei più rappresentativi del nichilismo esistenziale e politico che il contatto quotidiano con il mezzo televisivo ha portato nell'inconscio degli italiani. La prima parte, ovvero i lotti castelvecchiani del '96, è un susseguirsi di visioni, errori grammaticali, sintassi colloquiale, provocazioni linguistiche, interruzioni (proprio come si trattasse di un disturbo della frequenza di un apparecchio audiovisivo di quegli anni) che diverte e raggiunge pienamente il suo obiettivo.

Nelle rimanenti sezioni aggiunte nel '98 la formula perde brio, s'incarta sulle sue caratteristiche, in alcuni tratti cade rovinosamente nella retorica di cattivissimo gusto (non si sa quanto di proposito): il racconto in prima persona di Marta Russo (universitaria uccisa in quegli anni) è un colpo basso che puzza di moralismo stantio.

Tutto sommato l'edizione targata Castelvecchi, per quanto più povera, era di gran lunga più coerente in quanto immediata. A volte la piccola editoria batte la sorella più ricca di grande tiratura.


VP