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giovedì 7 novembre 2013

Il Giovane Holden (1951) by J.D. Salinger




The Catcher In the Rye (1951)
di J.D. Salinger
edizione Einaudi Super ET - pag. 248
12 euro


Calma e gesso: questo è un libro che ha fatto scuola, che ha anticipato moltissimi dei temi della controcultura giovanile, che di lì in pochi anni si sarebbero dipanati tra beat generation e brat pack, per diventare un punto di riferimento imprescindibile del romanzo di formazione. Questa recensione tiene parzialmente conto, in modo intellettualmente errato, dell'anno di produzione e di ciò che il fenomeno Holden rappresenta nella Storia della letteratura contemporanea e si sofferma sulla lettura odierna con tutti i suoi limiti linguistici. D'altro canto l'autore si professa principalmente critico di Cinema e non di Letteratura anche se non si tira indietro dall'ambizione di recensire romanzi. Quindi questo pezzo deve essere preso con le molle e con la coscienza di trovarsi di fronte a un fiume d'ignoranza.

Holden Caulfield giura di aver avuto un'infanzia un po' "schifa" e non è che se la cavi tanto meglio nel presente: è tanto bad boy quanto romantico nel suo modo di vedere il mondo, caratteristiche che lo portano a vagare da un campus scolastico a un altro facendo incetta di espulsioni. Anche stavolta ad Agerstown (Pennsylvania) va male e Holden si ritrova a guardare da una collina la sua ultima partita di rugby: seguono visite ai docenti, un po' cattivi maestri che di lui hanno capito un certo spirito nobile, e le ultime scorribande, o per meglio dire regolamenti di conti, nel dormitorio del convitto. Tutto questo prima di fuggire da solo nella notte newyorkese, verso Manhattan, dove il rifugio in un albergo di quart'ordine è la porta per lasciarsi sedurre dall'effimera dimensione dei nightclub e del sesso surrogato, per poi infine riscoprire i valori importanti della famiglia e dell'istruzione che forse lo salveranno.

Primo e unico romanzo di Salinger, The Catcher In the Rye, letteralmente "il prenditore nella segale" (da un verso di una canzone in Scots di Robert Burns), vive del carattere del suo protagonista: un adolescente che sperimenta i vizi della vita adulta per rimanerne avvolto come un cubetto di ghiaccio in un bicchiere di whiskey in attesa che qualcuno o qualcosa lo salvi dalla perdizione. È un romanzo che racconta la decadenza della New York a cavallo tra gli anni '40 e '50 e il bisogno di punti di riferimento concreti da parte dei giovani.

Lo stile di Salinger è tutto basato su un linguaggio minimalista che sedimenta le impressioni del personaggio con una prima persona che si sviluppa in un turbine di ripetizioni. Se la forma letteraria nel 1951 poteva apparire avanguardista e prendeva una netta distanza da un modo classico di raccontare le storie, oggi la scrittura presenta tutti i suoi limiti sintattici. La forma del racconto è irregolare, la storia si trascina da un episodio a un altro con difficoltà e la lettura è tutt'altro che fluida: è il trionfo di un modo di scrivere libero dalle esigenze editoriali, punto di vista primordiale di una finestra su una contemporaneità ancora tutta da scoprire in un'epoca in cui la novità era l'elemento più importante degli autori.

Beati loro.


VP