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venerdì 8 novembre 2013

Brainstorm - Generazione Elettronica (1983) by Douglas Trumbull

Di solito non parlo della mia famiglia, vuoi perché è una cosa che ho sempre trovato elementare negli altri, ovvero parlare di chi ti è più vicino per parlare di te stesso, vuoi perché l'indipendenza nello stile e nei comportamenti è stata sempre una bandiera della mia personalità. Un giorno, però, a Poggio Moiano (provincia di Rieti), il posto dove la mia parte paterna ha le sue radici ben piantate, eravamo tutti raccolti attorno ad un tavolo del ristorante del paese a parlare delle rispettive esistenze. Zio Vincenzo mi chiese se avessi mai visto un film di fantascienza a suo dire pregevole e io risposi di non ricordarmelo bene: l'avevano passato in tv in seconda serata almeno quindici anni fa e non è che la pellicola in questione mi sembrasse così degna d'attenzione. Così lui mi sollecitò a rivedere bene questo sci-fi con Christopher Walken e Nathalie Wood, con i suoi occhi verdi sempre lucidi quando si parla di fantascienza con particolari tecnici e senza sfumature politiche evidenziate.

Mio zio Vincenzo è uno dei pochi personaggi del mio ceppo che merita di essere menzionato su questo blog e in assoluto è la persona che più mi riempie di pessimismo quando ci penso su: in altri paesi e altri contesti lui sarebbe diventato un architetto di fama mondiale, una persona con idee etiche ed estetiche brillanti che si ritrovò a combattere contro un sistema universitario politicamente corrotto tanto da spingerlo a lasciare una laurea imminente e rifugiarsi nella provincia più democristiana possibile per crescere una famiglia di figli dritti e rispettosi di tradizioni e valori. Zio Vincenzo è il fallimento della sinistra (era un elettore del centrosinistra da giovane anche per reazione ai miei nonni Cristianissimi fino alla morte) all'interno del mio nucleo famigliare, colui che dopo essersi plasmato al berlusconismo e al valore conservatore preferisce pur sempre un Ermanno Olmi a un Marco Bellocchio e un film di Ridley Scott a uno di Godard. Di lui ho ripreso l'astio verso l'effimero e per le ipocrisie: non la diffidenza per un mondo intellettuale che fino all'ultimo minuto cercherò di conquistare.



Brainstorm (1983)
di Douglas Trumbull

Christopher Walken (Michael Brace)
Nathalie Wood (Karen Brace)
Louise Fletcher (Lillian Reynolds)
Cliff Robertson (Alex Terson)
Jordan Christopher (Gordy Forbes)
Donald Hotton (Landan Marks)
Alan Fudge (Robert Jenkins)
Jason Lively (Chris Brace)


In laboratorio una equipe di scienziati sperimenta un casco che permette di vivere la realtà virtuale: questo dispositivo registra con dei nastri le esperienze altrui, il punto di vista e anche i ricordi. Le ricerche vanno avanti fino al perfezionamento della periferica, all'acquisizione di una forma più consona al mercato, più leggera, più comoda. Ma questa nuova rivoluzione tecnologica, che secondo l'etica degli scienziati dovrebbe essere messa a servizio delle comunicazioni, inizia a far gola a molti: in primis ai reparti militari che vorrebbero costringere l'equipe a spostare il tiro verso i propri interessi.

Il regista è l'autore degli effetti speciali di 2001: Odissea Nello Spazio e già regista di Silent Running (in Italia furbescamente conosciuto come 2002: la Seconda Odissea): il film è uno sci-fi girato tra abitazioni, laboratori e pochi esterni che parte bene con le sue suggestioni sulla realtà virtuale, una serie di soggettive vorticose, per poi aggrovigliarsi in una storia d'amore, un matrimonio fallito, tra i membri dell'equipe con una sceneggiatura poco fluida e che risente tantissimo della scomparsa della mitica Nathalie Wood di Gioventù Bruciata, Sentieri Selvaggi e West Side Story, durante le riprese mentre si trovava sul suo yacht con Christopher Walken e il marito Robert Wagner. Da metà in poi il film collassa, si perde tra le esplosioni dei laboratori, con il sabotaggio informatico del protagonista tradito dalla compagnia finanziatrice del progetto, non oliando i suoi meccanismi narrativi.

Brainstorm è un film opaco degli anni '80 non solo obsoleto tecnologicamente, un po' come gran parte della fantascienza di quel periodo rivista oggi, ma anche frammentario nelle sue idee che verranno in seguito riproposte in maniera assai più convincente e omogenea in un capolavoro come Strange Days (1995), ovvero in un film che non si limita a raccontare la scienza, la scoperta tecnica, ma che imbottisce di ossessioni le viscere dei suoi personaggi, virus del corpo e dello spirito immersi in un mondo caotico e inumano.


VP