Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

giovedì 7 novembre 2019

L'Età Giovane (2019) by Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne


Le Jeune Ahmed (2019)
di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne

Idir Ben Addi (Ahmed)
Myriem Akheddiou (Inès)
Victoria Bluck (Louise)
Claire Bodson (la mère)
Othmane Moumen (Imam Youssouf)
Amine Hamidou (Rachid)
Yassine Tarsimi (Abdel)
Cyra Lassman (Yasmine)


C'è da chiedersi cosa spinga un distributore a cambiare il chiaro titolo originale, che fa riferimento al protagonista, per usarne uno che ricorda da vicino un film di Bruno Dumont (L'Età Inquieta, 1997). Era un gran bel film sulla giovinezza difficile quello di Dumont, è il solito capolavoro assoluto dei soliti grandiosi fratelli belgi, che con La Fille Inconnue si erano presi una pausa con cui hanno sperimentato il thriller sociale con risultati anche apprezzabili, questo Le Jeune Ahmed.

Proprio lui è un teenager gracilino, occhialuto e dallo sguardo basso; sulla spinta di un cattivo maestro non tocca più la mano di una donna (neanche di colei che gli insegnò a leggere) che non sia fedele alle dottrine coraniche e reputa impura persino la saliva di un cane in cerca di coccole. C'è un'insegnante di arabo che decide di insegnare la lingua moderna tramite canzoni popolari distaccandosi dalla tradizione che ne vorrebbe l'apprendimento direttamente dal Corano; è minacciata dai membri più estremisti della comunità islamica belga e in mezzo ad essi c'è Ahmed. Che cerca di ucciderla in quanto "apostata" a da quel momento inizia un'odissea nei luoghi di detenzione e recupero giovanili affinché egli possa rendersi conto delle sue azioni.

Cinema civile quanto Il Figlio (2002) che si carica del tema scottante in patria della radicalizzazione tendente al jihadismo. La tecnica cinematografica è la solita marchio di fabbrica dei fratelli e anche la resa come già detto: una camera a mano che pedina il protagonista (perennemente inquadrato in piano medio) in modo fluido e uniforme, trovando nell'irrimediabile irregolarità dei movimenti un'unità geometrica in grado di stabilire con fermezza il perimetro fisico (e che diventa a sua volta metafora del lato psicologico) dei personaggi. Pur non usando mai piani fissi che non prevedano il minimo movimento, la matrice dello stile e della poetica sembra quella di un Bresson contemporaneo.

Opera potentissima, che si avvale anche di momenti di rara poesia, tenerezza (il rapporto struggente con la madre annichilita dagli eventi, il primo bacio con una ragazza "infedele") e inquietudine (la fuga, il rapporto con l'Imam radicalizzato), da far vedere obbligatoriamente nelle scuole e non solo: un Cinema che serve a tutti, belgi, francesi, arabi, Cristiani e anche italiani. Proprio come tanti film europei di una volta.


VP