Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

giovedì 5 settembre 2019

Martin Eden (2019) by Pietro Marcello


Martin Eden (2019)
di Pietro Marcello

Luca Marinelli (Martin Eden)
Jessica Cressy (Elena Orsini)
Vincenzo Nemolato (Nino)
Marco Leonardi (Bernardo Fiore)
Denise Sardisco (Margherita)
Carmen Pommella (Maria Silvia)
Carlo Cecchi (Russ Brissenden)
Autilia Ranieri (Giulia Eden)


Un quadro raffigura un'imbarcazione in mezzo al mare, che vista da vicino in realtà non sarebbe altro che uno scarabocchio: è il monolite impressionista che stimola un giovane marinaio napoletano dal basso grado di istruzione a riscattarsi. "Diventare la voce e gli occhi del mondo", diventare uno scrittore. Ma ci sono delle resistenze che lo vorrebbero riportare alla riva delle cose concrete: da un lato il padrone della casa umile in cui è accampato a Napoli, che lo vorrebbe insieme a lui per il consueto lavoro di fatica, dall'altra l'umanità che lo circonda divisa tra una classe proletaria o sottoproletaria senza sogni che non siano la rivendicazione delle istanze del Socialismo e un'alta borghesia che si ritrova a frequentare dopo aver salvato il rampollo di famiglia da un'aggressione. È l'incipit alla base di tutto, dell'incontro con il quadro e soprattutto con l'amata fanciulla che, malgrado le pressioni conservatrici della famiglia, vorrebbe pur stare con lui (a patto che Martin riprenda un'istruzione indispensabile anche per le proprie altissime ambizioni), che consapevole della propria inadeguatezza si dà un tempo per diventare scrittore pubblicato e raggiungere finalmente un lustro indispensabile anche per i sogni d'amore. Lustro che, dopo cocenti risposte al mittente da parte degli editori, arriva e allora cambia tutto, c'è persino uno sdoppiamento. Cambia anche il mondo, arrivano i fascisti e il mare d'improvviso torna ad essere l'unica strada all'orizzonte.

Una cosa buona di un film pessimo e autocompiaciuto nella sua supposta dimensione zavattiniana di realismo magico come Lazzaro Felice della Rohrwacher è stato tracciare una strada di possibilità altra del Cinema Italiano per tornare a dialogare con la Storia e con il presente e anche con le grandi letterature, non necessariamente nazionali. Il documentarista Pietro Marcello (classe '76) parte nientemeno che da un romanzo di Jack London di più di un secolo fa per varcare una dimensione spazio temporale che diventa contenitore di sensazioni e realtà sfumate, con uso di immagini analogiche che ritraggono una Napoli impressionista e che evita tutti i suoi luoghi comuni. Così come Pasolini spostava Boccaccio da Firenze al capoluogo partenopeo, Marcello si avvale di un eclettismo figurativo e narrativo, con piani volutamente non allineati, per cogliere lo spirito senza tempo delle emozioni e dei segni che rimangono impressi nelle parole scritte e nelle esperienze di vita vera o artisticamente rielaborate.

Martin Eden, originariamente ambientato nella California dei primi del XX secolo (e che raccontava una storia di "grande depressione" americana con una generazione giovane "perduta", quella degli Steinbeck, dei Fitzgerald e dello stesso Jack London), oggi come non mai si adatta perfettamente allo sfondo di una delle città più creative ma al tempo stesso depresse di una parte d'Europa in cui l'ascensore sociale si è disgraziatamente bloccato.

È il passato che parla del presente e forse di un funesto futuro: un film che dialoga con la grande letteratura mondiale con coraggio e consapevolezza delle sue tecniche espressive. Quello che il Cinema Italiano durante il regno interminabile di psiconani e ballerine si è scordato di fare. Non si può che ripartire da qui, per tornare a forme d'arte che parlino di sogni e speranze pur combattendo le ingiustizie del mondo. Si esce dalla sala consapevoli delle difficoltà della vita, dell'insostenibile leggerezza dell'essere, ma tuttavia con un cuore colmo di speranza.

Marinelli parla napoletano e si porta a casa la Coppa Volpi a Venezia. Anche grazie alla natura dell'opera, ricorda vagamente Gian Maria Volonté. Anche grazie a lui.


VP