Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

martedì 13 agosto 2019

Hotel Artemis (2018) by Drew Pearce


Hotel Artemis (2018)
di Drew Pearce

Jodie Foster (The Nurse)
Sterling K. Brown (Waikiki)
Sofia Boutella (Nice)
Jeff Goldblum (Niagara)
Brian Tyree Henry (Honolulu)
Jenny Slate (Morgan)
Zachary Quinto (Crosby Franklin)
Charlie Day (Acapulco)


A Los Angeles nell'immediato futuro è Inferno vero: le compagnie private chiudono i rubinetti dell'acqua pubblica e la folla si riversa nelle strade. Due fratelli ladri si danno da fare per rapinare le banche e accedere ai caveau, non ci riescono ma in realtà si prenderanno involontariamente qualcosa di molto più prezioso che potrebbe dare il via a una caccia all'uomo. Un rifugio, una sorta di Eden al chiuso, è l'Artemis Hotel: una zona franca per criminali che vengono soccorsi e curati da una dottoressa dal passato doloroso. All'interno della struttura, con stanze che portano nomi di città (Nice, Acapulco etc.), si consuma una resa dei conti stile Far West, tra dandy messicani che vorrebbero fuggire in elicottero, donne fatali francesi con armi infilate nelle Dr. Martens, i ladri di banca stessi, una poliziotta soccorsa in barba alle regole ferree del posto e il boss supremo della città.

Fantascienza di Serie B, di tipo carpenteriano ovvero nel senso più nobile del termine. Un'idea derivativa dal grande exploit di questi anni di The Purge di DeMonaco, con uno sfondo pressoché quasi identico (con una punta dell'ultimo Romero) e una gestione degli spazi che esalta l'estro di Drew Pearce, stella nascente della Fantascienza politica, già sceneggiatore di Iron Man 3 e Mission Impossible: Rogue Nation. Jodie Foster si fa invecchiare di proposito e Jeff Goldblum gigioneggia con una parte cucita su misura della sua statura attoriale. Tutto è effettivamente studiato a tavolino, studiato bene.

Fatto sta che il ritmo regge vertiginosamente, dall'inizio alla fine, e anche se le motivazioni dei personaggi non sono completamente giustificate dallo script, questo esempio di Fantascienza distopica, capace di parlare di società e politica molto più di altre pellicole sociologiche e politiche americane (così come The Purge del resto), risulta irresistibile, tanto che ci si chiede perché non sia così piaciuto alla critica (e neanche così tanto al pubblico), per quanto la furbizia produttiva sia evidente anche dal cliffhanger finale, che apre a possibilità di trilogie e a finanze da cui attingere per i prossimi capitoli.

Un tipo di cinema che comunque non riusciamo a non amare.


VP