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giovedì 22 agosto 2019

Diamantino - Il Calciatore Più Forte Del Mondo (2018) by Gabriel Abrantes, Daniel Schmidt


Diamantino (2018)
di Gabriel Abrantes, Daniel Schmidt

Carloto Cotta (Diamantino Matamouros)
Cleo Tavares (Aisha Brito)
Anabela Moreira (Sonia Matamouros)
Margarida Moreira (Natasha Matamouros)
Carla Maciel (Dr. Lamborghini)
Chico Chapas (Chico Matamouros)
Hugo Santos Silva (Mouro)
Joana Barrios (Minister Ferro)


Il calciatore più forte del mondo sarebbe un Cristiano Ronaldo scemo, con niente in zucca, tanta riverenza per la figura paterna, due sorelle che più serpenti non si potrebbe e una capacità di epifania in campo che gli permette giocate straordinarie in compagnia di cagnetti giganteschi fantastici, roba da meme con i cuoricini del tecnologico XXI secolo. Il problema viene quando gli amici pelosetti vengono rimpiazzati, durante la finale della Coppa Del Mondo, da un migrante disperso in mare aperto: il risultato è un rigore sbagliato decisivo che decreta la sconfitta di un Portogallo immaginario (che al posto di vestire rosso ha una casacca biancazzurra a bande simil Porto) contro la Svezia (!) a Russia 2018. Ma Diamantino, che pensa di appendere gli scarpini al chiodo, è pur sempre il più forte di tutti e viene preso di mira dal governo per presunti conti Off Shore a Panama e anche dai nazionalisti portoghesi. Intanto una suora (o supposta tale) si palesa con "un rifugiato" al seguito...

Che dire? Quando la sfacciataggine di due cortisti americani in trasferta in Europa (dove hanno studiato e si sono formati come registi) oltrepassa tutte le barriere del buongusto, del lecito, dell'inimmaginabile ci si trova davanti a cose così: catalogo di immaginari europei di questi anni, frullato multi-gusto che spazia dall'opulenza calcistica (con tanto di culto della personalità coatta dei giocatori) al terzomondismo dell'accoglienza ai social network al complottismo d'accatto all'immaginario transgender. Cinema grottesco che più delirante non si potrebbe, opera post-moderna che si attesta volontariamente su livelli elementari per poi oltrepassarli e diventare un diamante grezzo ma anche complesso. È una cazzata talmente consapevole di sé, che vive di ostentazioni evidenti ed invadenti, da diventare oggetto cinematografico trash dalla forma anche molto irregolare. Un finale monco, retorico e catartico a mo' di spot televisivo della domenica precampionato che ci insinua ancora di più il dubbio e l'ossessione di trovarci davanti ad una roba che è anche avanguardia, che si avvicina molto più di tanti film d'arte a certe operazioni degli anni '70 aggiornate ad oggi.

C'è la tentazione di citare se non Buñuel o Ferreri quantomeno Jodorowsky: anche lo spettatore diventa ardito e fuoriluogo. Un po' come tutta questa epoca.


VP