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lunedì 10 giugno 2019

L'Angelo Del Crimine (2018) by Luis Ortega


El Ángel (2018)
di Luis Ortega

Lorenzo Ferro (Carlos)
Cecilia Roth (Aurora)
Luis Gnecco (Héctor)
Malena Villa (Gemelas)
Sofía Inés Torner (Doble Gemelas)
Chino Darín (Ramón)
Mercedes Morán (Ana María)
Daniel Fanego (José)


È biondo, angelico, apparentemente indifeso e dallo sguardo che non tradisce una curiosità timida: è stato il più iconico serial killer della storia dell'Argentina. Robledo Puch, qui sotto pseudonimo di Carlos, ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso in un paese che di lì a poco avrebbe conosciuto la dittatura fascista, dei Mondiali di Calcio abbastanza indirizzati e il dramma di tanti giovani spariti e torturati sotto terra. Il suo curriculum è di undici omicidi (tra cui anche minorenni) e altrettante rapine a cavallo tra il 1971 e il 1972. Epoca di pantaloni scampanati, colori sgargianti, balletti solitari, canzoni melodiche da salotti televisivi in bianco e nero e una moralità collettiva che veniva messa in discussione anche in Sudamerica, dopo i fuochi sessantottini europei e nordamericani.

Lo incontriamo in giro a compiere furtarelli per poi ridistribuire le gioie tra amici, una fidanzata bionda e bella come lui e anche un barbone. La sua è un'amoralità vera, quella di chi forse ancora non comprendendo bene la propria dimensione nel rapporto con gli altri ha quantomeno intuito bene che la società è del tutto allo sbando, sono saltate tutte le convenzioni e i lacci di una possibile pace sociale e allora tanto vale approfittarsene, pigiare il pedale dell'acceleratore e vedere che succede. Così a scuola prima si scontra e poi fraternizza con un altro compagno in uniforme, uno che ha dei genitori e quindi un background educativo che si adatta al libertinismo criminale. Carlos, Ramón e il padre di quest'ultimo, eroinomane, ladro e dedito alle armi, formano un trio perfetto che viaggia sulle ali dei colpi arditi (anche grazie alla sfacciataggine di Carlos) salvo poi cadere quando le visioni dei tre non coincidono più. E la mamma di Carlos, che ha la saggezza trattenuta e la bellezza matura di una Cecilia Roth che rappresenta oggi più che mai al Cinema il volto pulito del suo paese, non riuscirà ad arginare la follia silente del figlio, che torna a casa con soldi, macchine e gioielli di scontata provenienza. Non potrà far nulla.

Il film di Luis Ortega ha un pregio non di poco conto: riesce a dare una sfumatura morale alla storia senza cadere nel moralismo didascalico, sedimentando una visione pessimista da fiaba amorale che permette all'autore di spaziare nelle ossessioni del protagonista, sempre suggerite e mai mostrate del tutto, lavorando di equilibrio tra cronaca oggettiva e piano individuale. Tuttavia se la cattiveria quasi innocente viene restituita perfettamente grazie anche alla prova maiuscola di un Lorenzo Ferro, che somiglia in modo impressionante al vero Robledo Puch, ciò che viene a mancare è la questione sociale del caso. La genesi della predisposizione al furto, prima, e all'omicidio, poi, non è assolutamente giustificata in un contesto civile, la storia non rimane nelle coscienze come caso emblematico di uno sfacelo collettivo; degli anni '70 e della Buenos Aires del tempo ci sono le forme, le mode, i dettagli ma non lo spirito o un vero viaggio nell'abisso dell'umanità. E nessun cenno a ciò che di tremendo succederà negli anni a venire: cosa che forse agli argentini sembrerà ripetitiva e scontata, ma che in un'opera del genere su un personaggio così emblematico è d'obbligo, tenendo conto anche della natura di prodotto da esportazione.

L'Angelo Del Crimine sembra il fratello sudamericano e paradossalmente più contenuto di Henry Pioggia Di Sangue (John McNaughton, 1986), che continueremo a ricordare come paradigma postmoderno del cinema malato nel suo rapporto con le menti distorte. Il confronto non regge a favore della discesa negli inferi in compagnia di Henry Lee Lucas, che si tingeva di venature horror mefistofeliche che andavano dichiaratamente al di là del reale, ma presentava una notte dell'umanità statunitense che ancora oggi fa paura. Il film di Ortega non restituisce la stessa angoscia di una realtà storica che fu incredibile nella sua brutalità, che a 40 anni di distanza non smette di ricordarci che al peggio non c'è mai fine. E non fu fiction.


VP