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martedì 4 giugno 2019

Il Traditore (2019) by Marco Bellocchio


Il Traditore (2019)
di Marco Bellocchio

Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta)
Maria Fernanda Cândido (Cristina)
Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno)
Fabrizio Ferracane (Pippo Calò)
Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone)
Nino Porzio (Tecnico Regia di Studio RAI)
Massimiliano Ubaldi (Giovanni Brusca)
Calì Nicola (Totò Riina)


Storia del pentito di Cosa Nostra (che è una cosa diversa dalla "Mafia" che invece non sarebbe altro che "un'invenzione giornalistica") dalla notte della grande tregua tra famiglie rivali del 1980, che vede la sfilata dei più influenti nomi dei ranghi compresi Totuccio Contorno, Pippo Calò e altri che si ritroveranno qualche decennio più tardi davanti al Giudice per il maxi processo, alla morte naturale negli Stati Uniti, con famiglia brasiliana al seguito e in regime controllato, nel 2000. Nel mezzo c'è una latitanza lunga a Rio De Janeiro, dove Tommaso Buscetta si rifà una terza vita (già, perché si era costruito una piccola fortuna in Brasile fin prima degli anni '80, prima di finire in galera a Palermo da cui poi riuscì a scappare) con una moglie nuova e figli piccoli che non hanno la fragilità emotiva (e la voglia di cambiare aria, cambiare storia, cambiare mentalità) dei corrispettivi italiani, che vediamo in difficoltà e redarguiti alla grande festa e che da innocenti poco più tardi pagheranno col sangue le colpe (e l'assenza) del padre. E un pentimento, gli anni '90, l'inizio del rapporto con il magistrato Giovanni Falcone che si rivelerà un ascoltatore critico e attento, capace anche di una tenerezza virile che porta Buscetta a svuotare il sacco contro i compari dell'epoca.

Film di attori straordinariamente in parte, compreso il romano Favino che si destreggia tra palermitano, portoghese e inglese con estrema naturalezza e dedizione verso il personaggio. Quella che anche l'emiliano Bellocchio dimostra di avere in un contesto estremamente lontano da sé. Il Maestro dipinge il mondo della Mafia con continui ammiccamenti al mondo animale, addirittura i mafiosi sono paragonabili a topi in fermento quando c'è da intraprendere un'azione coordinata e collettiva. La ricostruzione del maxi-processo, con le aule gremite, le difese provocatorie degli avvocati, le urla da dietro le sbarre e la teca di vetro che circonda Buscetta, è strepitosa. Ma il film riesce ad avere una completezza storica e una forza civile, senza rinunciare alla ricchezza scenografica, anche nelle parti brasiliane (Rio) e statunitensi (Salem). Ne esce fuori il quadro di un'Italia grottesca capace di esportare il suo peggio (ma anche qualcosa della sua umanità) in un contesto globale che lo sedimenta.

Bellocchio si lascia andare a digressioni nel passato, quando Buscetta era giovane ed eseguì il suo primo mandato contro un personaggio che per decenni uscì di casa sempre abbracciato al figlio piccolo ("perché la Cosa Nostra di una volta aveva una dignità e lasciava fuori bambini e donne") salvo poi incorrere al suo destino una volta che questi prese moglie, un po' come Francis Ford Coppola faceva 40 anni fa. E in effetti Il Traditore, pur con tutte le sue accelerazioni narrative e il montaggio iper-attivo di Francesca Calvelli, che si rifà all'altro film "distante" del compagno, ovvero Vincere (2010), ha l'epica del romanzo d'altri tempi, quel senso della Storia anche moderna che travolge intere nazioni e i suoi abitanti.

Di fronte al meccanismo raccontato non ci si può che sentire inermi e in pericolo di morte in ogni secondo, sotto ogni sguardo e in ogni ambiente, dalla strada di Corleone alla villa di Rio al concessionario d'auto al ristorante negli Stati Uniti. Un senso del tempo da romanzo popolare (e criminale) di una volta, su uno Stato che fallisce e che talvolta riesce persino a esibire i muscoli con cattiveria estrema, una vetta aliena di uno straordinario autore (il più grande italiano forse insieme a Gianni Amelio) che magari tornerà a temi, personaggi, situazioni, luoghi più suoi. Scendendo di qualche centimetro di nuovo alla grande... e noi continueremo a seguirlo per sempre, a pugni rigorosamente serrati.


VP