Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

martedì 28 maggio 2019

Pet Sematary (2019) by Kevin Kölsch, Dennis Widmyer


Pet Sematary (2019)
di Kevin Kölsch, Dennis Widmyer

Jason Clarke (Louis)
Amy Seimetz (Rachel)
John Lithgow (Jud)
Jeté Laurence (Ellie)
Obssa Ahmed (Victor Pascow)
Alyssa Brooke Levine (Zelda)
Maria Herrera (Marcella)
Frank Schorpion (Rachel's father)


Un remake è un remake anche quando si discosta pesantemente, diciamo dai due terzi in poi, dall'originale? E un adattamento di un romanzo è davvero un adattamento anche se fa una cosa del genere nel passaggio tra le due arti? Succedono entrambe le cose in questa versione anno 2019 di un film di 30 anni fa esatti, che a sua volta era una trasposizione fedelissima di un romanzo che ha fatto gli anni '80, tanto che anche il film in sé è stato un esemplare del decennio.

Esemplare di horror gotico che si interrogava su temi etici, sul senso della vita, la religione e la morte, allora trattati con dovuto rispetto e sensibilità da mani femminili, quelle di Mary Lambert, che diresse nel 1989 un tipico prodotto medio di genere di quel periodo (di enorme qualità in quanto prodotto medio pensato per essere tale), capace di spaventare e far riflettere. Un gioiello delle nostre notti horror, fatto di volti indimenticabili, come quello del medico Dale Midkiff alle prese con il trasloco in campagna da parte di tutta la famiglia, una moglie, una figlia e un figlio piccolissimo con un altro visetto capace di deformarsi per spaventare, quello di Miko Hughes, e un gatto di nome Church (nomen omen) che sarà al centro di tutto. E con un cimitero degli animali che sia l'abitante di quelle terre Fred Gwinne (altro monumento del Cinema americano) che il già morto Victor Pascow (stavolta nome del personaggio) conoscono benissimo.

I tir che arrivano sparati dritti per dritti (e che in America sono un vero pericolo di morte statisticamente) fanno paura anche nella versione del 2019, i bambini sono meno convincenti, al posto di Midkiff c'è Jason Clarke e Fred Gwinne è stato rimpiazzato dal pur bravo, ma assai meno in parte, John Lithgow. Victor Pascow è di colore (?) come in un altro terribile film tratto da un universo kinghiano, l'universo più lungo e bello reso scarno e derivativo da un danese che non ha capito niente dell'epica americana, un pistolero di nome Roland.

Kevin Kölsch e Dennis Widmyer in coppia hanno dimenticato i volti dei loro padri e hanno cambiato delle situazioni del romanzo e del film per strizzare l'occhio alle tendenze di oggi. Come Muschietti che cambia gli anni '50 con gli anni '80 in IT per far sentire coinvolti i giovinastri mangiatori di popcorn attuali. E questo è davvero deprimente.

Perché la cultura americana, anche la più pop e derivativa (e commerciale all'epoca), ha una sua dignità. E l'industria dei soldi non può permettersi di calpestarla ogni volta. Comunque a Stephen King, assente nel cast mentre nell'89 compariva nel ruolo di un prete, è piaciuto. Se va bene a lui anche noi, che con la sua penna ci siamo cresciuti, alziamo le mani dolenti.


VP