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giovedì 13 dicembre 2018

El Chacal De Nahueltoro (1969) by Miguel Littín

Tornano le segnalazioni del prode zio, che dopo un paio di abbagli d'autore stavolta fa centro con una mitica opera del cinema sudamericano. Della serie meglio tardi che mai.


El Chacal De Nahueltoro (1969)
di Miguel Littín

Nelson Villagra (Valenzuela Torrès)
Shenda Román (Rosa)
Marcelo Romo (reporter)
Héctor Noguera (Chaplain)
Luis Alarcón (Judge)
Pedro Villagra (Capitan del pelotón de ejecución)
Rafael Benavente (guardia de prisión)
Rubén Sotoconil (corporal campos)


Quattro anni prima del golpe di Augusto Pinochet, il Cile era un paese dove nelle praterie sterminate e povere si potevano aggirare figuri come José del Carmen Valenzuela Torrès, la cui vita è raccontata in capitoli: nato da una madre in difficoltà e da un padre che ha abbandonato tutti, fin da bambino tira a campare lavorando dove capita finché un giorno della sua vita adulta non fraternizza con una donna rimasta anche lei sola con figli. Un botte di vino lo fa diventare sciacallo e nemico dell'intera società cilena, che si organizza per prenderlo, sbatterlo in galera e condannarlo al patibolo. Rinchiuso, scopre per la prima volta l'educazione e i valori della civiltà, un modo di essere persona e non semplicemente un incolto errante. Il Primo Ministro non gli fa la grazia, troppo impegnato per la visita del Presidente brasiliano, né un prete affettuoso ma anche responsabile, né un giornalista accalorato di diritti civili possono far nulla per evitare una morte inutile, culmine di una vita ingiusta per non dire impossibile.

Opera di un autore che si rifà apertamente al neorealismo italiano, prendendo anche spunti dalla nouvelle vague e dalle opere contemporanee di Glauber Rocha. Uno degli esempi più alti di denuncia civile in Sudamerica, film che ha fatto il '68 e che ha contribuito anche in Occidente alla discussione sulla pena capitale e sulla giustizia nel sistema economico mondiale di allora. Per quanto la struttura in capitoli sia ricca e stratificata, da romanzo ottocentesco atto a indagare anche sull'infanzia del protagonista, in realtà il film formalmente è diviso in due parti: l'inizio è dominato da una povertà bucolica da landa infernale che porta il personaggio a intelaiare rapporti umani basati sulla sopravvivenza in condizioni misere, la seconda ambientata nel carcere a contatto con la civiltà più progredita, rappresentata da un lato dalla Fede (la figura del prete), da un altro dal giornalismo d'inchiesta e dall'altro ancora dal comparto militare che formerà il plotone d'esecuzione. Nel mezzo c'è un inseguimento delle forze armate raccontato con un efficace montaggio alternato che spezza le immagini di perdizione del sempre dimesso (ma anche estremamente sereno) protagonista: nell'accelerazione c'è tanto Godard e tanta Europa che mai come allora dialoga con il mondo intero.

La grandezza di Miguel Littín si ferma a quel periodo: nei decenni successivi non riuscirà minimamente a replicare quella furia espressiva ed ideologica che lo portò al duro esilio post-golpe.


VP