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mercoledì 11 luglio 2018

Il Sacrificio Del Cervo Sacro (2017) by Yorgos Lanthimos


A Killing Of a Sacred Deer (2017)
di Yorgos Lanthimos

Colin Farrell (Steven Murphy)
Barry Keoghan (Martin)
Nicole Kidman (Anna Murphy)
Alicia Silverstone (Martin's mother)
Sunny Suljic (Bob Murphy)
Raffey Cassidy (Kim Murphy)
Denise Dal Vera (Mary Williams)
Bill Camp (Matthew Williams)


Come prendere una storia ordinaria ai confini del soprannaturale e farne un grande esemplare di messa in scena. Un cuore aperto pulsante in camera operatoria è l'incipit, l'incontro tra il chirurgo e un suo strano potenziale allievo, ancora liceale, è l'inizio dello sviluppo. A casa moglie e due figli, dopo essere stati a contatto con il carattere espansivo e curioso del ragazzo, iniziano insieme un percorso di malattia che porta alla paralisi delle gambe e all'arrossamento degli occhi fino alla lacrimazione di sangue. La medicina non si dà una spiegazione... è il ragazzo a farsi avanti con una proposta ricattatoria che qualora non venisse accettata dal medico porterebbe alla morte dell'intera famiglia.

Sembra un Rosemary's Baby che incontra un horror degli anni '70 di William Friedkin: girato benissimo da un autore che sa dove mettere la macchina da presa, capace di instillare tensione anche dall'inquadratura più elementare, con un uso dell'elemento musicale pregevole e contraddittorio con le immagini; sfrutta nel vero senso della parola un cast ricco e perfetto che accompagna lo spettatore verso una discesa nel malessere che può arrestarsi solo grazie al sacrificio di uno. Nicole Kidman e Colin Farrell ci mettono introspezione e corpo, Alice Silverstone è nel suo ruolo più malato e che finalmente rimarrà al netto della sua breve presenza, così come i giovanissimi interpreti formano un tris completo e bilanciato in grado di scatenare il più ampio ventaglio di sensazioni sinistre nel pubblico.

Il regista greco, tra i più quotati ad Hollywood del fronte europeo (dopo The Lobster, 2015, sempre con Farrell), dà all'industria statunitense una lezione di regia, di come creare la tensione quasi dal nulla, scavando nei timori non esplicitamente espressi e nel male inconscio di ogni elemento dell'opera. Come per l'appunto i Polanski e i Friedkin di quattro decenni fa; un cinema ricco nella sua capacità di sintesi, che non sbava mai e non si lascia andare al superfluo, con una scrittura serrata e vertiginosa, che non ha mai stancato e che troppe poche volte è stato riproposto soprattutto negli ultimi tempi.

D'altronde essere veri autori non è di tutti.

In Italia uscito in questa settimane disgraziate, con 8 mesi di ritardo rispetto agli USA: ancora una volta un "plauso" ai distributori.


VP