Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

giovedì 10 maggio 2018

Loro 1 (2018) by Paolo Sorrentino


Loro 1 (2018)
di Paolo Sorrentino

Toni Servillo (Silvio Berlusconi)
Elena Sofia Ricci (Veronica Lario)
Riccardo Scamarcio (Sergio Morra)
Kasia Smutniak (Kira)
Euridice Axen (Tamara)
Fabrizio Bentivoglio (Santino Recchia)
Anna Bonaiuto (Cupa Caiafa)
Giovanni Esposito (Mariano Apicella)


Ogni riferimento al reale è liberamente interpretato secondo logiche artistiche e fin dal principio l'autore mette le mani avanti, prima di soffermarsi su di una pecorella sarda che s'intrufola nella villa opulenta di un umano magnate per poi tremare di freddo davanti al getto di aria condizionata che si avvia in automatico, mentre la televisione trasmette le movenze trash di una valletta alle domande di un quiz a premi condotto da Mike. È un po' come il Solarium dell'inizio di Gomorra (il film), le cui luci elettriche rimpiazzavano quella del sole filtrata dai panni stesi che componeva l'iconografia classica partenopea. Qui c'è un'altra violazione della naturalezza, sempre però opera dello stesso protagonista: il Capitalismo. Le cui logiche rispondono ad una struttura piramidale, fatta di personaggi e spettacoli circensi che hanno un comun denominatore nello sfruttamento e nella voglia di potere, al cui vertice c'è Dio, che per tutti è un personaggio vetusto che potresti incontrare in un ambiente sterilizzato, mezzo nudo e con l'asciugamano a coprire il viso e le parti da toccare (finché la prostata non faccia il suo corso), soprattutto se sei una ragazza carina e reclutata appositamente: non importa che studi Lettere a La Sapienza. Nel sistema ci trovi frequentatori di sfarzose feste arabe con il pelo sullo stomaco e pugliesi trentenni che si sono rotti della mediocrità di Taranto e dopo qualche appalto conquistato vogliono fare il grande salto, un investimento nell'immagine pubblicitaria seducente con una festa a base di MDMA e relativi "smascellamenti" in Sardegna, proprio di fronte casa di Lui.

Loro nominano Lui come fosse l'unico, vero, ascensore per il Paradiso della ribalta, sia politica che mediatica; in realtà lo scopriamo come un eroe omerico che ritarda il suo ingresso sulla scena per poi apparire in vesti bizantine di danzatrice del ventre, tutto per compiacere (o quantomeno provarci) la fredda moglie che si dà tante arie culturali, con i suoi libri scritti da Comunisti e una noia borghese che non lascia spazi di manovra. Ma Lui, con la sua inconfondibile parlata lombarda e il sorriso stampato (e che al contrario dell'Avvocato Agnelli si è fatto da solo), questi spazi li trova, essendo il solitario oggetto dell'attenzione di un paese intero, punto di riferimento di quell'umanità che "non ha un cazzo da dire al contrario dei democratici che parlano e parlano", scavando nel passato di una canzone che il fido e stipendiato stornellatore campano non vuole eseguire e grazie all'inesauribile arte di vendere una merda schiacciata come fosse il frutto della cura della terra. In questo è ineguagliabile e ne farà le spese un altro politico già vecchio, che molesta qualche donna arrivista dall'alto del suo appartamento in piazza Di Spagna e talvolta declama poesie, incurante, come d'altronde le (im)possibili Nicole e il resto dei Loro, della sua figura grottesca.

Ritratto barocco di un periodo (e di un paese, dei suoi vizi, delle sue aspettative di cartapesta) che da oggi viene ufficialmente storicizzato in Italia, un caleidoscopio del nulla che nulla ha di bello se non le luci e le attenzioni delle masse sedotte da una classe che galleggia nella pesantezza della sua inettitudine culturale. E molto più che in altri film del regista campano più celebrato del Cinema Italiano degli ultimi due decenni, la descrizione dello zero assoluto trova un appiglio ad hoc nella realtà che descrive. Questo perché il "Berlusconismo", soprattutto negli anni '00, è stato essenzialmente un culto semi-pagano dell'effimero e del consumo (anche dei corpi) ignaro delle conseguenze morali e culturali (di cui proprio nel 2006, anno in cui le vicende sono raccontate, parlò Nanni Moretti nelle sue tre facce de Il Caimano, che proprio per aver visto la questione dal lato intellettuale gli è un gradino superiore) di un paese una volta cardine della coscienza europea.

L'estetismo di Sorrentino e le luci una volta tanto "smarmellate" e iper-reali di Bigazzi ben si prestano al gòlgota para-televisivo che non fosse davvero esistito sarebbe troppo brutto per essere vero: modelle che chiacchierano di alluci da rifare prima dei provini, passeggiate notturne per i Fori Imperiali verso la prossima festa, prima che un camion dell'immondizia non si rovesci del tutto sulla Storia e allora non ci saranno più tette da supplicare e concedere nell'amarcord di vite che hanno sacrificato tutta la dolcezza di un tempo sull'altare di un piatto sbrillucichio.

Sta piacendo più ai contestatori del regista che agli aficionados: una volta tanto ci uniamo alla massa.


VP