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martedì 15 maggio 2018

L'Isola Dei Cani (2018) by Wes Anderson


Isle Of Dogs (2018)
di Wes Anderson

Bryan Cranston (Chief)
Koyu Rankin (Atari)
Edward Norton (Rex)
Bob Balaban (King)
Bill Murray (Boss)
Jeff Goldblum (Duke)
Kunichi Nomura (Mayor Kobayashi)
Akira Takayama (Major-Domo)


La futuristica città di Megasaki ha un sindaco di antica stirpe legata ai gatti a cui non pare vero che un virus colpisca gli acerrimi nemici dei felini: i cani. Che vengono tutti presi e deportati in un'isola spazzatura del Giappone, dai più addestrati e nobili ai più randagi. Neanche il cane di corte riesce a sfuggire alla deportazione ma c'è chi non si dà per vinto: oltre agli attivisti per i diritti, capitanati da una militante ragazza occidentale, e uno scienziato in grado di arrivare ad un vaccino e fronteggiare la propaganda allarmistica del sindaco (e per questo se la vedrà assai brutta) c'è un piccolo eroe. È l'orfano di corte, usato fin dall'adozione come esempio di benevolenza da parte del primo cittadino: egli ruba un aeroplanino e fa la grande traversata in cerca dell'amico che tanto tempo fa gli diede la zampa. Si troverà dinanzi ad uno scenario apocalittico; un purgatorio di rottami dove la logica del branco è predominante tra ricerca dello scarso cibo e addirittura cannibalismo canino.

I cani parlano inglese, gli umani parlano giapponese e ovviamente non possono comprendersi se non a gesti. Ma non c'è solo questa trovata: c'è anche e soprattutto uno studio straordinario dell'iconografia orientale, che si sposa altrettanto straordinariamente sia con il futuro fanta-distopico (siamo nel 2038) che con lo stile ormai riconoscibile di uno dei registi più apprezzati e forse sovrastimati dell'era moderna. Un autore che trova nell'animazione pane per i suoi denti... in fondo ogni film di Wes Anderson è un po' un grottesco cartone animato con attori in carne ed ossa, allora perché non portare lo straniamento dei suoi caratteri, anche qui sopra le righe, in uno stop motion di altissima scuola che abbina i toni del racconto di formazione ad una fiaba dark carroliana?

Il progetto è brillante fin dalle fondamenta e la realizzazione colpisce anche per la sua aderenza alle esigenze e allo stupore dei vari target, dal più al meno giovane. Non pensavamo mai di poter dare a Wes Anderson il massimo dei voti: stavolta non può essere altrimenti.


VP