The Shape Of Water (2017)
di Guillermo Del Toro
Sally Hawkins (Elisa Esposito)
Michael Shannon (Richard Strickland)
Richard Jenkins (Giles)
Octavia Spencer (Zelda Fuller)
Michael Stuhlbarg (Dr. Robert Hoffstetler)
Doug Jones (Amphibian Man)
David Hewlett (Fleming)
Nick Searcy (General Hoyt)
Nei primi anni '60 i cinema di Baltimora danno i film mitologici (The Story Of Ruth di Henry Koster) e i musical (Mardi Gras di Edmund Goulding) e proprio al di sopra di una di queste sale vive una coppia assai strana: lei è una muta con degli strani e non spiegati graffi all'altezza delle corde vocali a mo' di branchie, sogna di essere un pesce dormiente in una casa interamente allagata e fa le pulizie ad un centro di sicurezza dell'American Defense insieme alla fida collega di colore che non fa altro che lamentarsi del compagno sfaticato e subisce delle "normali" angherie a sfondo razziale, come d'altronde nel frattempo succede in Alabama; lui è un illustratore di quasi mezza età stralunato e anche gay, ama le colazioni con delle improbabili torte al lime e vive di precariato. Le loro vite si nobilitano quando cercano di liberare un essere anfibio catturato in Sudamerica, che dovrebbe essere l'equivalente americano del cane sovietico spedito nello spazio. E proprio di spie sovietiche e di capi della sicurezza, che non si lavano le mani dopo essere stati in bagno per non apparire deboli anche a se stessi, che vorrebbero sfuggire con tutta la famigliola da Baltimora verso una "vera città" e si rimpolpano il cervello di guide al pensiero positivo, si parla sullo sfondo della love story tra diversi che non può che incastrarsi perfettamente negli archetipi narrativi e politicamente liberal di questa epoca.
Insomma un film candidato a svariate statuette, che rispolvera un certo sci-fi post-maccartista (gli anni a cui fa riferimento) condendolo di formule già collaudate in America (E.T.) e in Europa (Il Favoloso Mondo Di Amélie). Del Toro, che aveva iniziato la carriera con gli insettoni di Mimic negli anni '90 per poi fare il grande botto con Il Labirinto Del Fauno, si interessa delle creature favolose e mitologiche in modo umanistico, ne arricchisce le psicologie e la natura organica per proseguire discorsi già avviati dal cinema fantastico dell'ultimo mezzo secolo. Il film ha una sua ammirevole equidistanza tra licenze poetiche, senso dell'azione (la liberazione della creatura) e rappresentazione storica della Guerra Fredda, che non cede alle banalizzazioni pop di rito. Tuttavia risulta anche debole nello sviluppo motivazionale dei personaggi, pigiando il tasto della sessualità trans-specie che si presta ad un imbarazzo solo parzialmente evitato dalla delicatezza dei caratteri e da una rappresentazione del razzismo e della xenofobia ingenua e che poteva acquisire tutt'altra profondità con una scrittura più attenta.
È uno spettacolo classico e destinato ad un pubblico eterogeneo... ed evidentemente a un po' di riconoscimenti. Tutto ampiamente studiato al di là della passione del pur autarchico (regista, scrittore, produttore) artista.
VP