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lunedì 11 aprile 2016

I Figli Della Violenza (1950) by Luis Buñuel


Los Olvidados (1950)
di Luis Buñuel

Estela Inda (la madre de Pedro)
Miguel Inclán (Don Carmelo, el ciego)
Alfonso Mejía (Pedro)
Roberto Cobo (El Jaibo)
Alma Delia Fuentes (Meche)
Efraín Arauz (Cacarizo)
Jorge Pérez (Pelón)
Javier Amézcua (Julián)


Vite di strada e infanzie bruciate a Città Del Messico, tra chi aspetta alla piazza del mercato un padre che non verrà, chi, nato da uno stupro, viene ripudiato dalla madre, chi ha trovato finalmente lavoro e lo mostra con orgoglio ai vecchi compagni di pericoli e chi, appena scappato dal riformatorio, è tornato in pista per imporre con violenza la propria leadership. I bambini sono abbandonati a loro stessi, i genitori e gli adulti sono indaffarati e incuranti: la genesi del dramma sociale. Che per Buñuel si carica di riferimenti biblici (un Jaibo che sarebbe un Caino) e complessi edipici: si muove tra i sobborghi pieni di miseria (e con lo sfondo i ponteggi di una grande costruzione per la borghesia che verrà) della capitale messicana col finto intento documentaristico e le influenze del Neorealismo: è solo forma.

Il regista indaga sui sensi (di colpa), gli istinti, i desideri, gli incubi (una magistrale scena di sonno dove l'orrore esplode nella mancanza d'affetto materno), le prospettive mancate di una generazione, sbattendo la sua sadica esibizione di violenza (anche contro gli invalidi) in faccia alla società che preferisce rinchiudere giovani e non la miseria.

Ma la dimensione morale del film non apre affatto (come invece succedeva nel Neorealismo) ad una possibilità di redenzione, ad una via di fuga, ad un'umanità solidale e tollerante. Le vite dei figli della violenza sprofondano in una reazione a catena che non può che sfociare nel finale più tragico (quello voluto dal regista, ne esiste un altro più rincuorante imposto dalla produzione per il mercato interno) dove il meschino privato prende il sopravvento sull'etica: un incontro, un incrocio di sguardi, con una mamma già vedova e ancora incurante d'aver perso un figlio innocente.

In Messico non piacque affatto, con pesanti rimostranze verso il regista: i colori nazionalisti del paese degli "olvidados" sono coperti dalle ombre che Gabriel Figueroa (grandissimo direttore della Fotografia) disegna sui volti segnati dei ragazzi.


VP