Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

domenica 13 marzo 2016

Non Essere Cattivo (2015) by Claudio Caligari


Non Essere Cattivo (2015)
di Claudio Caligari

Alessandro Borghi (Vittorio)
Luca Marinelli (Cesare)
Roberta Mattei (Linda)
Silvia D'Amico (Viviana)
Alessandro Bernardini (Brutto)
Valentino Campitelli (Grasso)
Danilo Cappanelli (Lungo)
Manuel Rulli (Corto)


Alla rotonda di Ostia si mangiano ancora i gelati quando invece ci sarebbe da stravolgersi: una volta era il tempo delle "pere" e delle vene "spertusate", oggi quello delle polveri e delle paste. I tossici vecchio stampo, che si dimenticano "le spade" sui secchi della monnezza, sarebbero tutti da aspettare nel casotto che usano per bucarsi, ammazzarli di botte ogni tanto così, tra una rapina e un giro in macchina, un balletto di dance commerciale ad un semaforo rosso, un festino in cui non ti fanno entrare perché non c'hai la giacca. Eppure la via di fuga da questo inferno balneare, in cui il sottoproletariato romano sbarca il lunario tra infissi di mostri edilizi e pupille dilatate, ragazze che si danno facilmente perché non hanno molto altro, ci starebbe: l'amore, per una nipotina o un ragazza madre in cerca di futuro e dignità, allontanarsi dai brutti giri per provare a se stessi e al mondo circostante di non essere poi così cattivi.

Testamento di un regista cult che negli anni '70 bucò lo schermo col suo linguaggio schietto e amaro. Poi altri due film in quasi 40 anni: tre opere che in realtà sono uno stesso film traslato in contesti diversi. Cambiano i decenni (qui metà anni '90), i look, le sostanze: non cambia l'immaginario e il destino (cristologico) di un'umanità marginale che non crede nel vero cambiamento pur desiderandolo. Amore Tossico era migliore, L'Odore Della Notte di gran lunga peggiore: Non Essere Cattivo si posiziona a metà.

Ondeggia tra le suggestioni suburbane del suo autore affondando di piena volontà nell'autoreferenzialità, giochi di autocitazione e spettacolarizzazione del degrado e del nichilismo individuale. Si cita Pasolini, ma in realtà il gioco è molto meno profondo delle premesse: Caligari, alla fine, è stato più un Sergio Citti con meno sensibilità narrativa, del linguaggio e del rapporto con l'ambiente che descrive.

Chiude la sua filmografia, e la sua esistenza, aggiornando la sua cifra stilistica quasi a tinte pop, spianando invece la strada a una generazione di bravissimi attori romani che gli onorano il film e la carriera.


VP