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martedì 5 gennaio 2016

Mongol (2007) by Sergeij Bodrov


Mongol (2007)
di Sergeij Bodrov

Tadanobu Asano (Temudjin)
Honglei Sun (Jamukha)
Khulan Chuluun (Börte)
Aliya (Oelun - Temudjin's mother)
Baasanjav Mijid (Esugei - Temudjin's father)
Amadu Mamadakov (Targutai)
He Qi (Dai-Sechen)
Ben Hon Sun (Monk)


Un Khan è un capo, il capo dei mongoli. Quando questo viene a mancare si scatena la guerra tra bande per il sopravvento e non risparmia nessuno: neanche il piccolo Temudjin, figlio del Khan appena avvelenato da una tribù rivale, costretto a fuggire dal gruppo e pianificare il grande ritorno per riprendersi ciò che è suo: innanzitutto la moglie (scelta fin dalla tenera età secondo i voleri del padre e le esigenze diplomatiche della comunità), poi la leadership. Entra in collisione con il bambino che lo aiutò a liberarsi dalla trave che lo imprigionava, rompendone la fratellanza perché alcuni suoi combattenti decidono di passare sotto di lui: i mongoli sono liberi di scegliere il proprio capo e pazienza se ciò significherà una nuova guerra, un nuovo nemico, un personale tradimento. Ma quando, dopo l'ennesima trappola, Temudjin viene venduto come schiavo in un monastero, sarà l'amata a liberarlo a suon di denari. E al momento di calcare i campi innevati della pianura, Temudjin, ormai maturo, capisce che i mongoli hanno bisogno di un capo unico con regole e tradizioni ortodosse, davanti a cui inchinarsi e anche sacrificare la vita. Al grado di Khan aggiungerà il nome Gengis e sarà uno dei più valorosi e implacabili guerrieri della storia (40 milioni di morti).

Primo capitolo di una saga finora incompiuta su Gengis Khan (1162 - 1227), girato da Bodrov in coproduzione tra Russia, Germania e Kazakhstan. È un avvincente "eastern" ambientato nelle pianure innevate mongole, dove l'avventura e la morte la fanno da padrone, l'eroe è un oligarca e il resto è trionfo dello spirito popolare. Ogni combattente che vuole iniziare il proprio culto della personalità deve conquistarsi i diritti con la spada e col sangue.

La mentalità del branco, la simbologia del ristoro collettivo e l'identificazione con lo spirito animale (una volta a liberare il piccolo Temudjin dalla trave è un'entità divina invocata che lo scruta attraverso gli occhi di un lupo) sono l'unità di misura di un film straordinariamente russo, che riprende il rapporto simbiotico col territorio di Dersu Uzdala per dare il via ad un'epica umana medievale, vero spettacolo di colori. La narrazione e il ritmo reggono fino all'ultimo.

Certo che mettere come attore protagonista un giapponese (Tadanobu Asano), comunque all'altezza, fa storcere abbastanza il naso.


VP