Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

sabato 5 settembre 2015

Riso Amaro (1948) by Giuseppe De Santis


Riso Amaro (1948)
di Giuseppe De Santis

Vittorio Gassman (Walter)
Doris Dowling (Francesca)
Silvana Mangano (Silvana)
Raf Vallone (Marco)
Checco Rissone (Aristide)
Nico Pepe (Beppe)
Adriana Sivieri (Celeste)
Lia Corelli (Amelia)


Come ogni anno da tutto il nord arrivano le mondine per lavorare, donne scosciate che corrono nei campi a piedi nudi, nel fango e sotto la pioggia. C'è fame di un'Italia ricostruita e avviata verso il benessere, la ricerca di una dignità comune che viene minata dagli egoismi, quelli di un ladro e della sua complice, ex donna delle pulizie in albergo, che si intrufolano nella cascina con i loro ori e l'obiettivo ancora di fregare tutti. Intanto però c'è la lotta di classe, non tra padrone e lavoratrici, bensì con le regolari che lamentano la presenza delle clandestine (ovvero presentate spontaneamente e senza aver fatto richiesta preventiva). Si lavora, si canta, ci si ingelosisce: nascono gli amori e le turbolenze. Gli uomini forti del '48 guardano le donne forti del '48 ed è dal melodramma con sfida finale e rimozione dei rami marci che la società italiana generosa e proletaria risorgerà.

Spaccato neorealista post-conflitto reso famoso anche e soprattutto all'estero dalle forme di Silvana Mangano, scoperta dal regista di De Santis durante un diluvio a via Veneto (lei si era già presentata per la parte a Cinecittà dove venne scartata), e dall'ambientazione rurale che ricorda cosa fosse l'Italia, anche nel settentrione ricco, fino alla metà del secolo scorso: una condizione umana e un paesaggio che sembrano venuti fuori da un film di Satyajit Ray o da Bollywood e che nella loro povertà rappresentano l'oro di una nazione con tutti i caratteri e le comparse.

La sceneggiatura firmata a più mani (incluso lo stesso regista e Carlo Lizzani) fa acqua a più riprese, soprattutto quando deve creare il climax per lo scontro finale. Qualche banalità dell'epoca negli sviluppi psicologici e una costruzione caotica dei rapporti (lei si invaghisce di lui, poi pianifica il furto con lui, ma poi rimane fino all'ultimo preda dei sensi di colpa, che in seguito rivanno e rivengono di continuo... il personaggio di Gassman è irrealistico nella sua marcata meschinità) non rovinano troppo la magniloquenza del film, né la sua innegabile importanza storica e sociale. Una nomination agli Oscar.


VP