Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

mercoledì 9 settembre 2015

Kapò (1966) by Gillo Pontecorvo


Kapò (1966)
di Gillo Pontecorvo

Susan Strasberg (Edith)
Laurent Terzieff (Sascha)
Emmanuelle Riva (Terese)
Didi Perego (Sofia)
Gianni Garko (Karl)
Annabella Besi
Graziella Galvani
Paola Pitagora


Si può tornare a casa tranquillamente senza pensare che in un battito d'orologio la vita cambierà drasticamente, per una scelta d'amore e di sopravvivenza della propria specie, della propria famiglia. Restare uniti anche di fronte alla tragedia, anche ignorando i saggi consigli della buona gente che quantomeno vorrebbe preservare una giovane vita dal rastrellamento. E poi lottare all'inferno e capire che l'unica via di fuga non è quella pur consigliata da una giovanissima intellettuale (ovvero la cura della persona, il lavarsi, la lotta per la dignità) bensì passa per la sopraffazione delle altre vittime: una innocente ragazzina ebrea, passata per prigioniera politica, diventa kapò, fraternizza con un SS che le apre le porte dei privilegi dentro al campo popolato di ex galeotti del libero mondo, spie e russi che non aspettano altro che l'arrivo dell'Armata Rossa. Che arriva, innanzitutto come maschi imprigionati: nascono i piani di evasione, il blackout dei recinti elettrici, anche gli amori non consumati. Finché tutto scoppia di nuovo e non c'è altro che morte e disperazione, davanti ad una storia del Novecento che non riserva alcuna catarsi.

Il film che fece inorridire Jacques Rivette, all'epoca redattore di Cahiers Du Cinéma: la scena della giovane intellettuale che per scampare alla fame si scaglia sul filo spinato elettrico è uno dei più dolenti e voyeuristici colpi bassi della storia del Cinema e non c'è dubbio che Gillo Pontecorvo (ancora distante dalla perfezione metrica de La Battaglia Di Algeri, 1966) rielabori in modo molto spettacoloso e con malizia alcuni passi di Se Questo È un Uomo di Primo Levi.

È un film disonesto che rappresenta nel bene e nel male la disonestà di fondo del Cinema tutto, quale arte tesa alla spettacolarizzazione e all'appagamento degli istinti dello spettatore. Da vedere, anche per arrabbiarsi.


VP