Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

mercoledì 17 giugno 2015

Tre Piccoli Omicidi (1997) by Kira Muratova


Tri Istorii (1997)
di Kira Muratova

Sergey Makovestskiy (Tikhomirov)
Leonid Kushnir (Gena)
Zhan Daniel (Venya)
Renata Litvinova (Ofelia)
Ivan Okhlobystin (Doctor)
Oleg Tabakov (Old Man)
Liliya Murlykina (Girl)
Aleksandra Svenskaya (Ofelia's Mother)


Tre storie come da titolo originale, tre omicidi che in realtà sarebbero quattro. Lo sfondo è Odessa, la sfasciata Ucraina degli anni '90, sarcastica e beffarda città sul Mar Nero, nel film accecata da una luce che illumina ogni cosa e porta allo scoperto malefatte e tormenti. Nel primo episodio il gestore di una caldaia, anche affittacamere per clienti col vizietto in cerca d'ingombrante sollazzo con un debitore dell'impresa, si rifiuta di cremare la vittima di un assassino. Nel secondo un'infermiera con mancanze materne rispolvera il mito di Ofelia per mettere in atto una tremenda vendetta verso chi una figlia l'ha appena rifiutata e chi invece ai tempi l'ha abbandonata: chi sarà mai quella figlia? Nel terzo un nonno sulla sedia a rotelle cerca di fronteggiare l'immoralità di una nipotina, capace di conquistarsi l'evasione con amorale crudeltà.

Opera nera di una delle autrici più censurate e perseguitate dell'era sovietica. Film tipicamente slavo in cui l'orrore prende le forme grottesche dello sberleffo senza rinunciare a una componente introspettiva che rende l'atmosfera deviata. Ha la grande particolarità di usare tecniche fotografiche che lavorano il bianco su bianco: la luce investe lo schermo e priva i personaggi di ombre (cosa inedita per il genere che tratta), sicché l'orrore si palesa senza neanche provare a celarsi. Così il film risulta luminosamente tetro, ironico e severo allo stesso tempo.

È la banalità del male a regolare le leggi della giungla: gli assassini dimostrano un forte legame con gli esseri animali che li circondano. Ogni inquadratura esprime malessere di fronte ad una società impassibile per non dire assente. Con la fine del Comunismo l'autodeterminazione ha creato un deserto morale di cemento armato.


VP