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giovedì 18 giugno 2015

L'Albero Della Vita (2006) by Darren Aronofsky

A volte anche ai cineforum capita di vedere un film brutto. Un film proposto da più di qualcuno che lo ritiene bello. Più di qualcuno anche abituato a visionare pellicole di alto valore storico/artistico, analizzandole correttamente in sede di dibattito. È accaduto ad un ragazzo che mi è molto simpatico e che saluto in questo spazio. Forse The Fountain non è il suo film preferito, ma s'addice perfettamente alla rubrica in questione.


The Fountain (2006)
di Darren Aronofsky

Hugh Jackman (Tomas / Tommy / Tom Creo)
Rachel Weisz (Isabel / Izzi Creo)
Ellen Burstyn (Dr. Lillian Guzetti)
Mark Margolis (Father Avila)
Stephen McHattie (Grand Inquisitor Silecio)
Fernando Hernandez (Lord of Xibalba)
Cliff Curtis (Captain Ariel)
Sean Patrick Thomas (Antonio)


Un albero della vita e tre storie, tre protagonisti, tre periodi storici diversi. O meglio, uno stesso protagonista, una stessa amata in pericolo di vita, una stessa storia traslata in tre epoche: c'è il passato (la Spagna dell'inquisizione, delle impiccagioni e della conquista del Sudamerica), il presente (la sperimentazione animale per la cura contro il tumore e addirittura il superamento della mortalità), il futuro (la dimensione ascetica a contatto con l'albero). L'uomo non sconfiggerà mai la morte, né placherà il dolore dei ricordi. Solo con la consapevolezza raggiungerà lo stato ideale.

Dispersiva e cerebrale (e inutile) sarabanda di suggestioni visive e spiritualismi (strizzando l'occhio a un Buddhismo di cartapesta), il film si sviluppa secondo un andamento caleidoscopico che si fa beffe della linearità per accedere ad un flusso di coscienza trasversale alle epoche storiche e alle rispettive identità del protagonista. È un'opera che vorrebbe affascinare fingendo di mettere sul piatto argomenti profondissimi. Non ci riesce affatto: Darren Aronofsky, dopo l'orrendo Requiem For a Dream, continua ad esibire il suo stile autoreferenziale ai limiti della sopportazione.

Eppure il suo esordio ∏ - Il Teorema Del Delirio ci aveva illuso di trovarci di fronte un talento del racconto claustrofobico. Ad oggi un bluff assoluto.


VP