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martedì 24 febbraio 2015

Cinquanta Sfumature Di Grigio (2015) by Sam Taylor-Johnson


Fifty Shades Of Grey (2015)
di Sam Taylor-Johnson

Jamie Dornan (Christian Grey)
Dakota Johnson (Anastasia Steele)
Jennifer Ehle (Carla)
Eloise Mumford (Kate)
Victor Rasuk (José)
Luke Gimes (Elliot Grey)
Marcia Gay Harden (Mrs. Grey)
Rita Ora (Mia Grey)


Il Grey del titolo non è solo un colore e le cinquanta sfumature non sono pantoni dello stesso, ma hanno a che fare con le perversioni di Christian Grey, yuppie filantropo degli anni 2000 per cui aiutare il Terzo Mondo è un interesse finanziario e i giochi in una camera segreta della sua sfarzosa dimora, che dà sullo skyline di Seattle, un imprescindibile rattoppo delle mancanze affettive di base. Ci si scontra una studentessa imbranata della facoltà di giornalismo, che sostituisce la coinquilina per un'intervista al seducente e tenebroso manager.

In parole povere siamo dalle parti di Nove Settimane e Mezzo, la versione al femminile di Zalman King, ovvero il regista, e sceneggiatore, peggiore della Storia (altro che Ed Wood Jr.), con protagonista una graziosa copia di Sophie Marceau in salsa anglosassone, per cui invece che delle mele è il tempo delle frustate che liberano dalle paure e dalle pulsioni negative. A un certo punto si reclama l'intervento di Patrick Bateman, non quello femminile di Christian Bale diretto dalla soporifera Mary Harron, ma quello astutamente brutale e orrorifico di Bret Easton Ellis, per finire la sarabanda di battutine e psicologie fragili di cui il film è cosparso.

Ma insomma, possibile che nel 2015 dominato dalla pornografia in rete, il sesso debba essere trattato come un torbido, basico istinto con ditalini mentali tanti quanto i soldi incassati tra copie su carta e celluloide? Una roba del genere negli anni '80 poteva pure avere un senso, perfino in ritardo visto che Sylvia Kristel e la nostra maliziosa Laura Antonelli già davano la pista a tutte addirittura dal decennio prima.

Eppure il successo abnorme della trilogia di romanzi firmata E. L. James (di cui dovremo subirci anche i sequel cinematografici) qualcosa dovrà pur significare. Il fallimento del Femminismo nel mondo occidentale, piegato dal fascino seducente dei soldi e del potere, dal sadismo del grande capitale? Oppure che il sesso prende anche le quote rosa in gran numero, dunque ogni cialtronata è un mezzo giustificato dal fine (il successo mondiale)?

D'altronde persino Lars Von Trier quest'anno c'ha disgustato, in salsa sciovinista intellettualoide. Qui siamo nella commedia osé tutta garbata e laccata che in quanto tale neanche graffia un po'. Ma il pubblico femminile in sala ride e allora i dubbi s'infittiscono sempre più.

Contente voi.


VP