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venerdì 24 ottobre 2014

Il Giovane Favoloso (2014) by Mario Martone


Il Giovane Favoloso (2014)
di Mario Martone

Elio Germano (Giacomo Leopardi)
Michele Riondino (Antonio Ranieri)
Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi)
Anna Mouglalis (Fanny Targioni-Tozzetti)
Valerio Binasco (Pietro Giordani)
Raffaella Giordano (Adelaide Antici Leopardi)
Edoardo Natoli (Carlo Leopardi)
Isabella Ragonese (Paolina Leopardi)


Compito ai limiti del possibile: portare su schermo vita, sofferenze, tormenti, malinconia del massimo poeta italiano del XIX secolo. Che con quella gobba mitizzata dalla storia della letteratura rischia di finir vittima della sua drammatica e patetica particolarità; un personaggio schivo, cupo, introverso, complicatissimo da decifrare nelle sue componenti fisiche e comportamentali. Un freak del verso stilisticamente eccelso, ma triste, che solo un grande regista come Martone, dalla fine sensibilità e grande senso della Storia, poteva affrontare.

Dopo l'Unità e i suoi moti il regista campano scende di nuovo nel mito dell'800 italiano, che ormai è il suo territorio, e per tutta la prima parte del film riesce sorprendentemente a restituire la gabbia di Recanati, gli studi infiniti, l'ermo colle, le ambizioni ecclesiastiche che il padre Monaldo ha in serbo per il suo primogenito Giacomo; che coltiva sentimenti morbosi per fratello e sorella, s'infatua della figlia del cocchiere che spia dalla finestra di studio (Teresa Fattorini, la musa ispiratrice di A Silvia) e che poi muore di tubercolosi, si ribella alla mentalità rigida e reazionaria dei genitori scambiando una serie di corrispondenze col classicista Pietro Giordani che lo inizia ai piaceri della libertà.

Poi arriva Firenze, l'amicizia intima con Antonio Ranieri, gli spettacoli teatrali, i salotti intellettuali, le critiche, le curiosità con l'altro sesso mai esaudite, i problemi finanziari: è a questo punto che il film perde il contatto con la voce del poeta, quando le ricostruzioni d'ambiente e della Storia prendono il sopravvento. E Il Giovane Favoloso imbocca la via del biopic classico e didascalico, senza portare avanti la soggettività del poeta e del rapporto del regista con esso di pari passo con l'oggettivo (come Milos Forman faceva magistralmente in Amadeus ad esempio), preoccupato, una volta reso il protagonista credibile, a seguire i dettagli di quell'Italia che nella prima metà del secolo ancora "s'ha da fare". La terza parte a Roma e a Napoli, quando il corpo di Giacomo si dimena ancor di più, nelle strade impazza il colera e il Vesuvio erutta, è pura epica storica. Lo sguardo di Leopardi non è più mostrato o intuito ma relegato all'impeccabile dote interpretativa di Elio Germano.

Storia e prosa possono (e devono) essere tradotte in immagini. Per la poesia scritta... ci vuole l'impresa. A Martone è riuscita a metà.


VP