Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

martedì 13 maggio 2014

Locke (2013) by Steven Knight


Locke (2013)
di Steven Knight

Tom Hardy (Ivan Locke)
Olivia Colman (Bethan)
Ruth Wilson (Katrina)
Andrew Scott (Donal)
Ben Daniels (Gareth)
Tom Holland (Eddie)
Bill Milner (Sean)
Danny Webb (Cassidy)


Un uomo esce dal cantiere, prende la sua BMW e s'incolonna nel traffico verso casa. All'incrocio però prende la strada opposta che dà sull'autostrada, direzione Londra: un bambino sta per nascere, un figlio non voluto da una donna che non conosce abbastanza. Intanto la famiglia lo attende per una partita di calcio, la moglie fedele s'è anche messa la maglia della squadra del cuore e comprato salsicce e birre, i due figli sono in trepidazione. Nell'abitacolo della macchina se la dovrà vedere con loro e con i colleghi che non accettano una sua assenza proprio il giorno (l'indomani) della più grande distribuzione di calcestruzzo d'Europa: la grande colata. In due ore Ivan Locke distrugge la sua vita ma cerca di rimediare in un via vai di chiamate in cui il telefono digitale diventa deus ex machina narrativo. Chissà se ce la farà.

È un momento particolare della Storia del Cinema: un momento in cui probabilmente la Settima Arte soccombe alle logiche del marketing, dell'idea brillante e immediata, del format video-artistico e di Internet: così nascono questi film tecnicamente ineccepibili e a costi sostenuti, prodotti che riflettono la contemporaneità e che innovano il linguaggio cinematografico con sperimentazioni warholiane che però del boss della Factory non possiedono né la verve critica né le provocazioni metafilmiche.

Era il caso di Her di Spike Jonze, è il caso di questo Locke di Steven Knight. Un'opera scritta molto bene, con personaggi ascoltati e che assumono personalità chiare, nette, credibili (al contrario del sistema operativo di cui Joaquin Phoenix s'invaghiva), che infonde nella sua ora e mezza di conversazioni su rettilineo un timbro riconoscibile della sua estetica: le luci della notte, la velocità, i fari delle macchine, i display, il volto del protagonista. Rimane però un film freddo, che vorrebbe emozionare ma rimane vincolato all'idea di partenza: la sensazione è di qualcosa d'inedito ma sostanzialmente inutile.

Tipico di quando l'industria costringe gli autori a dare il massimo con l'essenziale: del cinema rimane una massa magra e quando il minimalismo non è una scelta artistica (Bresson, Dardenne) la macchina non genera sogni.


VP