Miss Violence (2013)
di Alexandros Avranas
Kostas Antalopoulos (social welfare employee)
Themis Panou (father)
Costantinos Athanasiades (Philippos)
Chloe Bolota (Angeliki)
Reni Pittaki (grandmother)
Eleni Roussinou (Eleni)
Sissy Toumasi (Myrto)
Kallopi Zontanou (Alkmini)
Una bambina compie gli anni e l'intera famiglia le prepara torte, sandwich e allegre celebrazioni; tutti ballano mentre la festeggiata scavalca la ringhiera del balcone e con un sorriso liberatorio si butta di sotto: seguono titoli di testa scritti a muro con la macchina da presa che si rivolge in basso verso la sagoma spiaccicata a terra.
È l'incipit del film Leone d'Argento per la regia a Venezia 2013: un gioco alla crudeltà girato quasi totalmente tra mura domestiche e dove ogni sequenza, anche la più elementare, mostra un segno di violenza che esso sia una busta strappata o un castigo inflitto gratuitamente. Due bambini, un'adolescente, una giovane mamma e una nonna sono succubi della rigide regole con cui il nonno porta avanti la famiglia: un nucleo dove mancano un genero e l'intimità, dove le porte vengono tolte perché nessuno deve avere niente da nascondere e dove l'immagine di umile e dignitosa famiglia greca colpita dalla crisi e dalla mancanza di lavoro nasconde agli assistenti sociali i segni di violenze ripetute, soprattutto psicologiche, e la prostituzione di tutti i componenti femminili per riuscire a sbarcare il lunario. C'è una gita al mare più volte promessa e annunciata dal nonno e mai vissuta, un silenzio assordante tra inquadrature a mezza altezza e pedinamenti alle spalle da parte dell'inflessibile regia che si rifà al rigore quasi geometrico di Bresson nel suo muoversi tra gli spazi stretti dei corridoi dell'appartamento. L'urlo è quello sommesso e talvolta sottratto dei migliori fratelli Dardenne. L'happy end c'è ma è negato ed è il preludio di un nuovo dramma.
Un film che brucia, che la violenza non solo la mostra: la vive e la impone nel modo più brutale possibile. Stupendo.
VP