Ultimamente a Roma frequento posti da cui mi sono tenuto alla larga per tutto quel periodo che è andato dalla conquista della libertà di uscire la sera a qualche mese fa. Forse sto cambiando o forse riesco a vedere le cose con più sfumature o ancora forse le sto inquadrando da un'altra angolazione; fatto sta che inizio sempre più a fare pace con quell'universo di barbe lunghe, cani bastardi al guinzaglio, culi a terra tra un drink e una canna: la Roma di Stefano Rosso e di certa bohème viscerale che non mi comunicava altro che povertà di idee o ostentazione di un'ostilità verso qualcosa o qualcuno.
La ricerca di un'occupazione, di un ruolo sociale, di una persona da essere e da mostrare agli altri mi ha risvegliato da quei sogni di gloria che hanno nutrito i buoni post-adolescenti dell'era berlusconiana e oggi non posso fare a meno di rendermi conto di non essere più lo stesso. È
traumatico, pesante come un farmaco dal sapore acido, ma girovagare nei quartieri e nei centri sociali che sono la Mecca di un certo modo di essere abbandonati, degradati, ciondolanti e orgogliosi allo stesso tempo mi appare oggi più accettabile e talvolta anche piacevole. Se c'è qualcuno in grado di capire le mie debolezze, le mie virtù artistiche, i miei tormenti legati ad un ruolo in società, sicuramente questa gente si trova in mezzo ai gruppi di ragazzi che popolano la movida alternativa romana che, sentendosi umiliata dalle istituzioni nazionali, si aggrappa agli stimoli e alle suggestioni provenienti dai similari e più osannati quartieri di Londra, Berlino e Barcellona. Faccio sempre più parte di un'umanità al ribasso di vanità e fascino: questo frutto della crisi magari non è così maligno, in fondo potrebbe essere il motore giusto per rendermi una volta per tutte una persona umile e forte.
È un cambio di percezione e identità che non riguarda soltanto me ma è leggibile negli occhi della sfilza di ragazzi e ragazze che impavidamente nel cuore del mondo popolare ancora mostrano le giacche e i sandali firmati che raccontano storie di eventi cercati e forse mai vissuti. Gente che si ritrova "in circolo al Circolo Degli Artisti, finti nerd con gli occhiali da nerd e radical chic senza radical" come cantano i Cani. Perché se è vero che con la globalizzazione del lowcost raggiungere Berlino è più comodo ed economico di una scampagnata ai Castelli, Roma pretende di essere capita e amata senza discussioni: a ogni avventuriero postmoderno affamato di patina e gloria la Città Eterna ordina di lasciare ogni speranza ("voi ch'entrate") e abbandonarsi al carattere rionale di una delle capitali più provinciali d'Europa.
Hai voglia a parlare di Londra o New York: Roma è paese, Roma è sporca. La Roma della crisi è zecca, ci inzuppa le mutande bianche di fango e ci trascina per i vicoli di periferia, tra immigrati di ogni tipo, occhi che parlano di vita vissuta e tanto caos.
Anche i nostri volti sono diventati più scavati, tesi dai rumori e dai pericoli della strada.
VP