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lunedì 7 maggio 2012

XXY (2007) by Lucía Puenzo

Cordiali lettori del mio blog, un altro di voi, tale Vincenzo da Milano che non mi trova su faccialibro perché mi hanno "segato" il cognome in Valerio Principe (misteri del web 2.0) mi ha chiesto cosa ne pensassi di un particolare film argentino datato 2007 che a lui piacque molto. Caro Vincenzo, eccoti servito.



XXY (2007)
di Lucía Puenzo

Inés Efron (Alex)
Ricardo Darín (Kraken)
Valeria Bertuccelli (Suli)
Martín Piroyansky (Alvaro)
Carolina Pelleritti (Erika)
Guillermo Angelelli (Juan)
César Troncoso (Washington)
Jean Pierre Reguerraz (Esteban)


Alex balla da sola(o). Ma al contrario di Liv Tyler nel film di Bertolucci ha un piccolo problema in mezzo alle gambe (e non solo): è un ermafrodito in trasformazione che da una settimana non prende più i corticosteroidi per sua scelta. La vediamo mentre crea contatti con la natura, anche con un camaleonte tra i piedi mentre è stesa, in un località di pescatori in cui i genitori l'hanno rifugiata lontana dalle pressioni, dalle cattiverie e dalle maldicenze di Buenos Aires. Un'altra famiglia, sempre di città, li raggiunge: sono un chirurgo specializzato con moglie e figlio timido al seguito che viene presto preso di mira dalle provocazioni di Alex per esserne infine sedotto. Tra pensieri, incertezze, violenze virili e amori giovanili Alex e famiglia decidono di lasciare alla natura il suo corso.

Questo Enigma Di Kaspar Hauser più intimista e meno profondamente filosofico, particolare esemplare di cinema argentino importato in Europa e Stati Uniti con il sostegno di soldi statali (strano per un film del genere) ha la felice intuizione di interrogarsi sul rapporto natura/contesto sociale ambientando in un universo chiuso e distante dalla metropoli come quello peschiero il dramma di una diversità sessuale. E' un film pallido i cui colori freddi rendono un'atmosfera irreale che si presta facilmente a interpretazioni metafisiche e metalinguistiche. Purtroppo la giovane regista, che dimostra un coraggio non indifferente insieme ai suoi attori nell'affrontare un tema che facilmente mostra il fianco all'imbarazzo, cade nel didascalico: se il film di Herzog era un vero enigma (come da titolo) coi suoi silenzi e le sue domande senza risposta, in XXY i personaggi spiegano troppo, declamano i propri sentimenti (anche gli amori), come se gli occhi e le espressioni non potessero parlare da soli. Così i dialoghi cadono nella banalità e un contesto che vorrebbe contenere misteri (che però vengono svelati da subito in modo anche semplicistico, come la foto di Alex dentro al libro sui casi particolari del sesso che il chirurgo sfoglia sul traghetto) finisce per risultare naïf

Con qualche scena (e dialogo) in meno sarebbe stato un gran film: un'occasione persa interpretata dalla messicana Inés Efron in stato di grazia.


VP