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domenica 9 ottobre 2011

A Dangerous Method (2011) by David Cronenberg


A Dangerous Method (2011)
di David Cronenberg

Michael Fassbender (Carl Jung)
Keira Knightley (Sabina Spielrein)
Viggo Mortensen (Sigmund Freud)
Vincent Cassel (Otto Gross)
Sarah Gadon (Emma Jung)
André Hennicke (Professor Eugen Bleuler)
Arndt Schwering-Sohnrey (Sándor Ferenczi)
Mignon Remé (Jung's secretary)


Registi rivoluzionari e visionari degli anni '70 e '80 diventano più classici dei classici.
Succede per Pedro Almodóvar, succede ancor più platealmente per il regista di opere come Il Pasto Nudo e Crash, film che aggiornarono l'immaginario collettivo della fantascienza e della sessualità nel cinema.

Non che l'ultima opera cronenberghiana non rifletta le pulsioni viscerali dell'autore, che filma ancora con morbosità il dottor Jung mentre sculaccia la sua consenziente assistente, ex assistita, Sabina Spielrein. Ma la fotografia, i movimenti di macchina e il ritmo compassato sono funzionali a una storia che non accelera mai ma, al contrario, ostenta la sua verbosità prendendosi tempi che non si curano della pazienza dello spettatore e procedono progressivamente per gli snodi della narrazione. Solo i grandi registi come Cronenberg ormai possono permettersi qualcosa di simile: in A Dangerous Method ogni parola viene detta sullo sfondo del lento scorrere del tempo. Il ticchettio delle lancette di un orologio spesso sono la colonna sonora che sovrasta la pur sempre ottima musica di Howard Shore: è il vero ring, insieme ovviamente all'Austria e alla Svizzera dell'epoca decadentista, della dialettica tra Jung e Freud, quando la psicanalisi stava rivoluzionando il modo di intendere la psicologia umana.

Le grandi interpretazioni dei tre attori principali, tra cui un Viggo Mortensen in grande spolvero che rende Sigmund Freud straordinariamente realistico, i costumi fantastici di Denise Cronenberg e la regia tanto lenta quanto fluida del fratello David lavorano efficacemente in modo che il film si avvicini il più possibile alla rappresentazione profonda di quella che resta la cosa più difficile da illustrare nell'audiovisivo: la filosofia. Ci riuscì nel 1993 Derek Jarman con Wittgenstein, ci è riuscito Cronenberg in modo meno pindarco e più orientato verso un'idea bergmaniana di cinema.

Il miglior film possibile su un argomento del genere, con una sceneggiatura non originale assolutamente brillante.


VP