Super 8 (2011)
di J.J. Abrams
Elle Fanning (Alice Dainard)
Kyle Chandler (Jackson Lamb)
Amanda Michalka (Jen Jaznik)
Joel Courtney (Joe Lamb)
Zach Mills (Preston)
Ron Eldard (Louis Dainard)
Jessica Tuck (Mrs. Kaznyk)
Joel McKinnon Miller (Mr. Kaznyk)
Il vecchio, caro, fantasy/horror di genere era quello di fine anni '70, ambientato in una delle tante orribili cittadine della provincia americana, tra acciaierie, miniere e villette con gli steccati. I protagonisti erano genitori ottusi e working classy oppure marmocchi sfigati, prede dei tipici tormenti da racconto di formazione. Ad alterare la noia di questo tranquillo inferno erano mostri, serial killer col coltello o catastrofi soprannaturali.
E così nell'Ohio del 1979, quando nei bar si ascoltano le canzoni dei Commodores e si canticchia in gruppo My Sharona degli Knack, una combriccola di ragazzini gira un cortometraggio di zombie. Mentre i giochi di seduzione verso la biondina del gruppo danno il via ai primi equivoci, un incidente ferroviario a due metri di distanza non cambia solo la loro vita ma anche quella di tutti gli abitanti del posto, presto assediato dagli uomini delle forze speciali che arrivano a nascondere verità mostruose anche alle autorità locali.
È come tornare indietro nel tempo e ritrovarsi davanti alla tv mentre l'incidente aereo più famoso del primo decennio del 2000 ci trascina nell'universo intricato e misterioso di Lost. J.J. Abrams, il nuovo "fenomeno" della sceneggiatura seriale, gioca col cuore degli appassionati e porta le sue tecniche a servizio di quel continuo gioco di citazioni che da un paio di decenni, diciamo dal primo Tarantino in poi, è stato il vero motore di un genere che più che innovarsi ha attinto dal proprio glorioso passato in cerca di nuova linfa vitale.
Super 8 è un'operazione simpatia che ha l'ambizione di fare dei propri piccoli protagonisti quello che i Goonies sono stati per la generazione degli anni '80: personaggi da amare e con cui giocare immaginando tra amici nuove situazioni extrafilm. Quello che Abrams evidentemente non ha capito è che non basta essere geni nel mettere e valorizzare i turning point (o punti di svolta) per saper fare cinema: e mai come nel caso del fantasy/horror questo è vero.
Super 8 è un film che ha una prima parte tecnicamente perfetta, ben oliata, curata nei minimi particolari. Non c'è dubbio che Abrams sia un ottimo sarto nel saper inserire le scene giuste al momento giusto. Il grande, enorme, problema è che il fantasy/horror di fine anni '70, che il film aiuta a rispolverarci con identiche situazioni di cult come Alien e Lo Squalo, è un genere che ricordiamo con affetto soprattutto per le sue stravaganze. La storia e i personaggi sono troppo perfettini per essere amati e ricordati e la regia non ha mai un briciolo di quell'ingenuità che in questo contesto è regola. La sua straordinaria fluidità rende il film di Abrams falso e studiato a tavolino: risulta freddo anche quando quasi riesce prenderci con le emozioni dei personaggi.
E al disvelamento del mistero, ovvero quando le abilità strutturali del regista passano in secondo piano, il film si perde clamorosamente in un finale sbrigativo, persino con un paio di buchi evidenti. E a risollevarne le sorti non sono i titoli di coda con la sorpresa finale, ormai una scontata consuetudine, anche se tecnicamente ben giostrati.
Super 8 è stato un successo in patria e in Europa. Anche la critica è stata benevola. Probabilmente sia il portafoglio che le quotazioni di Abrams si sono gonfiate ancor di più. Secondo noi i piccoli personaggi del film non saranno ricordati nel tempo; o meglio, non saranno protagonisti di quell'effetto nostalgia che ancora oggi ci porta ancora a 30 anni fa, quando sia i registi che noi spettatori eravamo divertiti e innocenti... tutto era più magico.
VP