La Terra Dell'Abbastanza (2018)
di Damiano & Fabio D'Innocenzo
Andrea Carpenzano (Manolo)
Matteo Olivetti (Mirko)
Milena Mancini (Alessia)
Massimiliano Tortora (Danilo)
Luca Zingaretti (Angelo)
Michela De Rossi (Ambra)
Giordano De Plano (Simone)
Walter Toschi (Carmine)
Ancora una storia di periferie romane, ancora due accattoni, nel senso pasoliniano del termine, in cerca di una strada per realizzarsi. L'inizio della corsa è al termine di un panino con la cicoria in macchina, mentre il sole illumina i variopinti palazzi di un'altrimenti grigia terra dimenticata da Dio. A buio inoltrato i due prendono una superstrada e tra un cazzeggio e l'altro a momenti neanche si rendono conto di aver investito un uomo. Fuggono, poi però quel guaio si tramuta in opportunità... il cui frutto sarà la fine della corsa.
Cinema di derivazione caligariana con gli stessi tic presenti ormai in tutti i film di ambientazione periferica all'interno o quantomeno al ridosso del crimine. Ci sono gli accenti, le parlate inframmezzate dai pianti e dai singhiozzi, le mezze parole, le sciarpe della Roma a tappezzare le stanze, le tute di marca rovinate, le rughe stanche di vita vissuta oppure il sorriso autocompiaciuto e cosciente della propria impunità (e forse anche del proprio tragico destino) di uno dei due protagonisti: un Andrea Carpenzano che sembra Ninetto Davoli.
Eppure il film dei fratelli D'Innocenzo, che nel 2012 esordirono come sceneggiatori in America con la pellicola Two Days di Jose Zambrano Cassella, è migliore degli ormai tantissimi punti di riferimento geografici e linguistici che infestano le sale col patrocinio della Regione e del Ministero. Per quanto le abitudinarie scene urlate di nuova corrente neorealista suburbana siano scontate come il ronzio delle orecchie che le seguono, La Terra Dell'Abbastanza trova una forza vitale nella scrittura e nel montaggio serrati che compongono 95 minuti di ottimo spaccato periferico, in cui l'azione incontra il disagio sociale senza che mai una delle due parti prenda il sopravvento. È un film equilibratissimo e scattante, che esalta l'evidente mestiere dei due fratelli romani. Funziona su tantissimi fronti, non ultimo come prodotto destinato al mercato estero.
E dalle scelte registiche ardite e dal respiro internazionale: un assalto notturno ad una baracca in piena campagna ripreso tutto dall'alto e in campo lungo. A momenti neanche il Godard dei tempi che furono.
VP