Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

venerdì 18 novembre 2016

Sing Street (2016) by John Carney


Sing Street (2016)
di John Carney

Ferdia Walsh-Peelo (Conor)
Kelly Thornton (Ann)
Maria Doyle Kennedy (Penny)
Jack Reynor (Brendan)
Aidan Gillen (Robert)
Ian Kenny (Barry)
Ben Carolan (Darren)
Percy Chamburuka (Ngig)


Operazione carineria in arrivo: una faccetta d'angelo con famiglia in crisi economica (e non solo) finisce in un liceo di preti cattolici dove il bullismo è di casa: dopo qualche pugno e colpo di fionda incassato, riunisce un branco di sfigati per suonare la musica del momento. Sono gli anni '80 dei Cure, dei Joy Division e della lotta tra i Duran Duran e gli Spandau Ballet: la città è Dublino e il paese è l'Irlanda di quelli che ogni giorno si imbarcano verso il Regno Unito della Thatcher in cerca di futuro. Situazioni instabili come oggi in Europa, ma con una grande energia e tanto amore: energia impressa negli occhi di un'abbandonata ragazza ribelle del convitto, specie di Olivia Newton-John di Greese, che si lascia abbindolare da un Take On Me acapella dal giovinastro che vola con la fantasia, imbastisce set di videoclip cercando di emulare Simon LeBon che cantava "Her name is Rio and she dances on the sand" e infine letteralmente si imbarca verso la missione impossibile, un futuro che nessuno gli può negare.

Favola New Romantic che aggiorna alle mode vintage odierne la tradizione anglosassone del musical rock, che proprio a cavallo tra gli anni '70 e '80 sfornava i film sui Pink Floyd, sugli Who (ad esempio Tommy di Ken Russell) e su Woodstock e Isola di Wight. Film e musiche che godevano del sostegno dei tempi, di controculture giovanili forti e presenti, in grado di scardinare non solo le ipocrisie ma tutti i mattoni del muro sociale e politico, rivendicando il diritto alla felicità anche a furia di scontri tra Mods e Rockers. Oggi non c'è nessuna Quadrophenia, è la morte del Mito in un flusso di già visto, già sentito, già provato, già amato.

E il film di John Carney (Once), ben diretto, ben scritto, ben interpretato, con momenti di grande empatia tra i personaggi e il pubblico, va incontro al suo infausto destino: quello del non rimanere impresso nell'immaginario collettivo come gli esempi (anche peggiori) dei decenni passati. Oggi è solo il tempo del ricordo, dell'infinito revival: davanti agli adolescenti in cerca dei nuovi testi delle nuove generazioni, quasi il nulla.


VP