Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

domenica 6 marzo 2016

Hong Kong Express / Angeli Perduti

Erano gli anni '90 quando una stella del cinema asiatico brillò nel firmamento del cinema d'autore. Era di Shanghai ma aveva studiato ad Hong Kong, città di cui diventò uno dei massimi interpreti di ossessioni e mancanze. La critica europea militante ne fu da subito entusiasta, da As Tears Go By (1988) in poi.

Wong Kar-wai nel corso della sua straordinaria carriera (Ashes Of Time, In The Mood For Love) ha aggiornato l'estetica del mèlo, che dagli anni '50, dominati dalla filmografia di Douglas Sirk (Come le Foglie Al Vento), era stato spodestato dal trono dei grandi generi cinematografici. Un genere che passò dalla Hollywood classica all'autorialità europea ed asiatica, trovando in questi mercati e cinematografie nuova linfa per portare sullo schermo le sensibilità dei caratteri rappresentati.

Ed è grazie al regista cinese che il mèlo si spogliò dei suoi colori saturi del Technicolor che l'avevano caratterizzato per tutta l'era hollywoodiana. Finché le luci di Hong Kong non illuminarono i volti, le lacrime, le passioni dell'umanità che Wong Kar-wai ha messo (e mette ancora) davanti la macchina da presa. Altri cineasti cinesi (Zhang Yimou e Chen Kaige su tutti) seguirono l'ondata arricchendo straordinariamente la conoscenza occidentale del panorama asiatico che fino ad allora era rappresentato perlopiù dai prodotti nipponici.

I lavori di Wong Kar-wai sono tutti da vedere e amare: indubbiamente sul podio (forse in compagnia di Sokurov) dei cineasti migliori ancora in attività.

Il duo Hong Kong Express (1994) / Angeli Perduti (1995) rappresenta nel bene e nel male la summa del linguaggio dell'autore. Si tratta di due film accomunati dalle intenzioni di base, infatti Angeli Perduti fu girato come terzo episodio del precedente: stessi colori, stesso stile, location che quasi combaciavano. Universi di umanità assorta nel proprio intimo e scossa da pressioni che vengono dal di fuori.

Il confronto tra i due film è strano e contraddittorio e stimola inevitabilmente una riflessione proprio sul concetto di stile: quando questo è attinente alla narrazione e al mondo rappresentato e quando invece conquista di prepotenza il piano principale del film. Vederli entrambi con molta attenzione (per quanto il secondo sia di gran lunga uno dei lavori meno riusciti del Maestro) è un'esperienza di Cinema impagabile di cui non si può assolutamente fare a meno.


Hong Kong Express (1994) by Wong Kar-wai


Chung Hing Sam Lam (1994)
di Wong Kar-wai

Brigitte Lin (Chin-hsia Lin)
Tony Chiu Wai Leung (Cop 663)
Faye Wong (Faye)
Takeshi Kaneshiro (He Zhiwu)
Valeria Chow (air hostess)
Lee-Na Kwan (Richard)
Zhiming Huang (Man)
Liang Zhen (the 2nd May)


Due storie. Due storie diverse ma unite da qualche filo, da qualche occhiata, oggetti lasciati e ritrovati; collegamenti che appaiono e svaniscono, che si perdono nel fiume umano di una metropoli che aggredisce con le pubblicità e i neon che lampeggiano.

Una donna in impermeabile e occhiali scuri, forse per paura di guardare davvero in faccia la realtà e le facce della gente che deve sfruttare, si aggira tra le cucine sporche e i rifugi di un formicaio metropolitano per sfuggire alle insidie del narcotraffico di cui fa parte. Forse non immagina che un giovane poliziotto la ama e la segue con l'incanto del ricercatore di cibo inscatolato e scaduto lo stesso giorno che una ex fidanzata l'ha lasciato. Un suo collega (anche questo lasciato da poco) è decisamente più fortunato: la cameriera di un'hambugeria s'innamora di lui e gli penetra in casa solo per renderla più bella. I giochi di solitudine creano energia e forse una speranza per il futuro.

Parte come un noir, con le pistole, gli inseguimenti, i tradimenti, gli inganni. Poi si addentra nel cuore e nelle viscere di ogni personaggio e un mondo crudele e aggressivo si addolcisce negli sguardi collegati tra loro di un'umanità sola e malinconica, preda del suo recondito desiderio di amore e scoperta dell'intimo altrui. I personaggi sono consci della loro dimensione narrativa: un'organizzatrice di corrieri di droga non può permettersi di esternare se stessa, come un poliziotto rispetta innanzitutto la sua posizione, come una cameriera deve, suo malgrado, pur con mille dispetti e fughe dal lavoro, attenersi alla sua realtà.

La fantasia e il sogno sono lì: negli spazi aperti e chiusi del proprio io e delle proprie scelte. Forse la società è indifferente alle passioni, ma finché ci sarà un campo su cui correre all'impazzata o una stanza da letto in cui fantasticare i sogni individuali rimarranno ben custoditi in quella zona franca che mai conoscerà invasione.



Angeli Perduti (1995) by Wong Kar-wai


Do Lok Tin Si (1995)
di Wong Kar-wai

Leon Lai (Wong Chi-Ming)
Michelle Reis (Michele Reis)
Takeshi Kaneshiro (He Zhiwu)
Charlie Yeung (Charlie / Cherry)
Karen Mok (Punkie)
Man-Lei Chan (Chen Man-Lei)
Toru Saito (Sato)
To-Hoi Kong (Ah-hoi)


Colori caldi di spazi chiusi e disordinati in un mondo disordinato e frenetico ma aperto allo scontro. Immagini accelerate e ralenti continui, riprese storte, che carezzano sbiecamente i volti soli e disillusi di Hong Kong Express senza però penetrare nelle anime. E poi una masturbazione femminile o la fantasia di una masturbazione femminile, corpi uniti in sella ad una moto che sfreccia nei tunnel per cercare rifugi di anime illustrate ma non davvero sentite, prede di uno stile autoriale bello e ripetitivo, che proprio in quanto ripetitivo diventa inesorabilmente maniera.

In questo modo poco interessano le vicende di un'organizzatrice di omicidi per un killer mai incontrato o anche solo visto, ma desiderato con innamoramento a distanza. Oppure quelle di un sordomuto che entra nei negozi altrui, obbliga i proprietari a comprare merci e servizi di lavaggio capelli, per poi finire preda d'amore di una sfruttatrice chiacchierona.

Può essere un film troppo stiloso e formalmente bello per finire nella mediocrità? Ebbene è esattamente questo il caso: anche nell'opera di un regista da cui certe cose non te l'aspetteresti mai.


VP