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domenica 10 gennaio 2016

Una Separazione (2011) by Asghar Farhadi


Jodaeiye Nader az Simin (2011)
di Asghar Farhadi

Peyman Moaadi (Nader)
Leila Hatami (Simin)
Sareh Bayat (Razieh)
Shahab Hosseini (Hojjat)
Sarina Farhadi (Termeh)
Merila Zare'i (Miss Ghahraii)
Ali-Asghar Shahbazi (Nader's father)
Babak Karimi (interrogator)


A Teheran una coppia è davanti al giudice: la donna vuole il divorzio, l'uomo di larghe vedute è disposto a concederglielo. Al centro di tutto c'è la volontà di lei di andare all'estero, avrebbe fatto già il Visto e vorrebbe portare con sé anche la bambina quasi adolescente che però è legata al padre ed è restia a lasciare il posto che l'ha cresciuta. Il giudice vorrebbe far passare del tempo: una separazione non è una pratica così urgente. Però intanto la donna esce di casa, l'uomo, che ha il padre anziano al letto con i tubi al naso, è costretto a prendere un aiutante. Lo trova in un disoccupato integralista religioso, che però non può subito prendere il posto e manda intanto la moglie, che si ritrova con più di un problema. Un'assenza ingiustificata, un guaio alle porte, un'altra tragedia distruggerà gli equilibri. Solo le leggi del buonsenso e la guida coranica potranno sbrogliare la matassa: finirà con dei vetri rotti, un ingiusto pagamento mandato all'aria e la vita sconquassata che torna a procedere a ritmo normale segnando il riavvicinamento.

Il film che ha reso celebre il miglior esponente del cinema persiano seguente alla generazione di Kiarostami e Makhmalbaf: un potente intreccio domestico e sociale in grado di raccontare le divergenze dell'Iran odierno, dall'apertura ai rapporti con l'estero, alla conservazioni di tradizioni ferree. La religiosità sottoproletaria (che non permette alla donna di assistere adeguatamente un uomo soprattutto in bagno) della povera famiglia di disoccupati, in cerca di un presente e un futuro da badanti, si scontra con la nuova borghesia illuminata di Teheran per cui le leggi del matrimonio e la sacralità assoluta dei principi coranici non sono più un tabù. Il punto di vista dell'autore è equidistante tra le parti, affidando la coscienza morale e lo sviluppo narrativo al rapporto anche proprio con Dio.

È un film profondamente religioso che sa essere anche straordinariamente moderno e a modo suo progressista. Miglior Film Straniero sia ai Golden Globe che agli Oscar 2012, Orso D'Oro a Berlino e tutta una serie di altri premi sparsi per il mondo. Meritatissimi.


VP