
Dall'alto della sua saggezza Genny 'a Carogna dice sì, si può giocare assicurando la tranquillità sugli spalti, le squadre entrano in campo, il Napoli vince per 3 a 1 e si aggiudica il trofeo, il povero Ciro Esposito, la vittima dello sparo, finisce all'ospedale Villa San Pietro e il giorno successivo il romano "Gastone" viene fermato.

Ora io non ero allo stadio e non posso sapere con certezza come le cose siano andate, soprattutto per quanto concerne il fatto di Tor Di Quinto: cos'avranno mai fatto Ciro Esposito e i suoi compari per meritare lo sparo di "Gastone"? Questo è il dilemma e nei prossimi giorni la magistratura dovrà lavorare sulla ricostruzione degli eventi, possibilmente attenendosi alla realtà e senza pressioni da parte di nessuno (e stando in Italia non è così scontato) e la stampa avrà il dovere d'informarci senza la falsa retorica che ogni volta viene spolverata all'occasione.
Però Fiorentina - Napoli ha molto in comune con un altro evento di cui invece posso parlare con dovizia di causa in quanto ero proprio lì in mezzo: il cosiddetto derby del bimbo morto, il Lazio - Roma del 21 marzo 2004. Ricordo tutto come se fosse ieri, avevo 20 anni e avevo messo da parte i soldi di mio nonno da dare a qualche "generoso" bagarino per un biglietto di Curva Sud. All'epoca, quando mi recavo nel settore più infuocato del tifo giallorosso, usavo posizionarmi rigorosamente in piedi immediatamente al termine della scalinata, in parole povere sotto la vetrata di un noto gruppo di Estrema Destra, parte politica che allora, pare incredibile, neanche mi dispiaceva. Volevo vivere l'atmosfera del derby come sempre, senza scendere scalini o scontrarmi con la folla, semplicemente rimanendo dietro a tutti gli altri così da avere il bagno e l'uscita sempre a portata di mano: è il bello di essere alti.

Ma mentre l'arbitro fischiava la sospensione e cercavo di capire di più anche osservando il comportamento dei tifosi dell'altra sponda, da sotto e sopra mi ritrovai addosso un fiume di ragazzi che si srotolavano la cintura e si dirigevano verso l'uscita del settore. 'Che cazzo sta succedendo?' mi chiedevo mentre sentivo strani suoni provenire dalla scalinata, qualche urlo, fibie agitate addosso a qualcosa o a qualcuno. L'ultima volta che mi girai verso tutto quel fracasso, dando quindi le spalle al campo e agli spalti, fui investito da una fumata bianca che risalì le scale fino al sottoscritto, preso in pieno volto. Lacrimai respirando quella roba, roba che mi entrò nei polmoni bruciandomi la gola con una sensazione di strozzamento che mi fece barcollare finché non mi chinai a terra con gli occhi chiusi e in preda alla disperazione.

Ora vi chiederete, cosa c'entra Fiorentina - Napoli col derby del bambino morto? In primo luogo, particolare che al momento non avevo notato, uno dei protagonisti della faccenda, degli Ultras che andarono in campo per informare la squadra, fu proprio il caro "Gastone": e allora vedete che tutto torna?
In secondo luogo le due partite sono la dimostrazione di come un evento nazionalpopolare come quello calcistico abbia creato una categoria che funge da intermediazione tra i semplici tifosi e lo Stato: i capipopolo, personaggi che spesso vengono dalla strada e che raggiungono posizioni importanti nell'immaginario istituzionale della tifoseria. Addirittura nel caso del derby del 2004, tutti i tifosi credettero agli Ultras che diedero la notizia (pare che qualcuno avesse visto un bambino a terra coperto dai soccorritori con un lenzuolo bianco) e non al Questore. Chissà cosa ieri sarebbe successo se Genny 'a Carogna non avesse dato il sì, non potrei proprio immaginarmelo.
Quello che invece so è che i due eventi che ho riportato sono un veritiero specchio di un paese dove piccoli clan si sostituiscono allo Stato e diventano punti di riferimento sociali. La settimana seguente al derby del 2004 ascoltai parecchi pareri, tra chi demonizzava gli Ultras a chi avrebbe scommesso sulla buona fede di tutti, un vero e proprio incidente mediatico. Un mio conoscente allora membro di un gruppo della Sud fu tanto orgoglioso del fatto che la coscienza popolare di una Curva fosse riuscita a fermare lo spettacolo, il calcio delle televisioni, il calcio della finanza, il calcio dei milioni e della distanza tra i calciatori e il pubblico.
Tanti tifosi non sopportano l'idea di essere dei clienti delle società esattamente come molti cittadini non ci stanno a perdere la propria autorevolezza di fronte allo Stato. Il bene comune non esiste o se esiste deve pur sempre essere filtrato da un'organizzazione popolare altra allo Stato centrale. Organizzazione che riporta alle leggi della vita di strada, da quell'universo da cui nascono tutte le malavite ma anche i rapporti umani.
L'Italia è un paese popolare. È il Sudamerica, altro che Europa.
VP