Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

mercoledì 11 dicembre 2013

Paradise Trilogy (2012 - 2012 - 2013)

Di Ulrich Seidl avevamo già parlato nella recensione di Import / Export, una delle sue opere più riuscite: che dire ancora, se non ribadire che negli ultimi anni il regista viennese ha spodestato in termini di provocazione festivaliera Haneke e Von Trier, quest'ultimo ancora di poco visto il lancio di Nymph()maniac, lo scandalo che ci tartasserà l'esistenza nel prossimo 2014.

La trilogia Paradise è il ciclo di film con cui Seidl ha infestato delle sue suggestioni in salsa piccante sotto anestetico gli ultimi Festival di Cannes: un'opera divisa in tre atti che rappresentano la cifra stilistica dell'autore pur non raggiungendone la vetta. Affronta temi come l'amore, la fede e la speranza, pigiando il tasto sulla solitudine delle sue protagoniste, malate di un mondo gelido e arido, conquistando l'attenzione dei cinefili e di tutti gli amanti del cinema d'autore europeo.

Una sorta di Bresson austriaco, geometrico e implacabile nella messa in scena, giusto giusto un po' ripetitivo nel suo sbattere le debolezze umane in faccia allo spettatore.


Paradise: Love (2012) by Ulrich Seidl


Paradies: Liebe (2012)
di Ulrich Seidl

Margarete Tiesel (Teresa)
Peter Kazungu (Munga)
Gabriel Mwarua (Gabriel)
Josphat Hamisi (Josphat)
Carlos Mkutano (Salama)
Dunja Sowinetz (urlaubsfreundinnen)
Helen Brugat (urlaubsfreundinnen)
Melanie Lenz (tochter Teresa)


Teresa è una cinquantenne con il fisico imperfetto per non dire sformato: l'adipe dilaga da tutte le parti e nessuno, nelle immagini di vita quotidiana in Austria con figlia e sorella, la immaginerebbe seminuda a prendere il sole in Kenya con altre esponenti della mezz'età nordica a parlare degli attributi dei maschi del posto. Infatti fin dall'arrivo in uno dei capisaldi del turismo sessuale femminile, al di là della cordicella che delimita una sorta di zona franca turistica, un gruppo nutrito di bei ragazzi di colore cercano di barattare oggetti e i propri corpi con i soldi delle vecchie, in un gioco di assai poco seducente d'inganni e sfruttamenti che non possono che portare Teresa al collasso psicologico: lei cerca l'amore e, anche con una certa coscienza, si autoinganna di trovarlo in quei bellimbusti che vivono nella colorata miseria dell'Africa, affamati di quel denaro per cui farebbero di tutto.

Un mondo deprimente dove il turismo più meschino si prende gioco della povertà e viceversa in un gioco al massacro che offre a Ulrich Seidl il materiale perfetto per mettere in scena il suo dramma umano. La regia sguazza nell'imbarazzo delle situazioni e nel grottesco squallido dei personaggi; ne mostra le intime debolezze con una freddezza crudele, muovendosi sui rapporti tra corpi (belli e brutti) e condizioni (povere e benestanti) per riflettere le contraddizioni del mondo.

Qualche dubbio rimane sull'onestà dello sguardo: l'intento di Seidl è volto al sarcasmo o all'accusa morale? Un dilemma in questo caso fondamentale, che la regia non svela a sufficienza.


Paradise: Faith (2012) by Ulrich Seidl


Paradies: Glaube (2012)
di Ulrich Seidl

Maria Hofstätter (Anna Maria)
Nabil Saleh (Nabil)
Natalya Baranova (Natalya)
Rene Rupnik (Herr Rupnik)
Natalya Baranova (betrunkene Russin)
Trude Masur (ehepaar)
Dieter Masur (ehepaar)
Gulcan Jafarova (familie)


Anna Maria si autoflagella, suona e canta le canzoni per Gesù Cristo; mentre sua sorella Teresa è in Kenya in cerca di perdizione, lei passa il tempo ad andare di casa in casa con una statua della Madonna in mano a predicare i voleri di Dio, contro un mondo di peccatori, i partecipanti di un'orgia nel parco, e non credenti, una coppia libera, uno stravagante vecchio orfano, una giovane ubriaca dell'est. A complicare la sua tranquillità c'è suo marito, egiziano musulmano, cacciato dalla ex compagna e tornato a casa su una sedia a rotelle, condizione che l'accompagna da un incidente stradale che segnò profondamente la coscienza di Anna Maria.

Il secondo episodio della trilogia è il più interessante sul piano morale e il più chiaro dal punto di vista delle intenzioni dell'autore. Mostra la lotta tra due religioni, e due diversi approcci ad essi, accomunandoli nella sconfitta psicologica dei personaggi; Maria Teresa predica la pudicizia ma si masturba con un crocifisso, predica l'amore spirituale ma riceve solo indifferenza e aggressività. Il marito, dal canto suo, vuole il sesso e una televisione sempre davanti.

È la sconfitta dello spirito, della fede, che Seidl porta in scena col suo minimalismo stavolta appropriato e funzionale, che si specchia forse un po' troppo nella blasfemia.


Paradise: Hope (2013) by Ulrich Seidl


Paradies Hoffnung (2013)
di Ulrich Seidl

Melanie Lenz (Melanie)
Verena Lehbauer (Verena)
Joseph Lorenz (Arzt)
Michael Thomas (sport trainer)
Johanna Schmid (Hanni)
Viviane Bartsch (ernährungsberaterin)
Maria Hofstätter (tante Melanie)
Arabel Aigner (diätcamp kind)


Melanie ha 13 anni ed è in evidente sovrappeso, sua madre Teresa è in Kenya "chissà a che fare" e lei viene parcheggiata in un centro dietetico per giovanissimi teenager. Qui si sottopone alle regole rigide del campus che con le compagne cerca di trasgredire: festini in stanza, furti di cibo proibito in cucina, un'uscita clandestina in discoteca che finisce male. Un amore per un medico più vecchio di 40 anni, che prima si lascia un po' sedurre e poi non cade in tentazione limitandosi ad odorare il corpo senza conoscenza di Melanie sdraiato in un bosco.

Il terzo episodio della trilogia è il meno doloroso e allucinante. Dopo le spiagge e gli interni delle baracche keniote e i corridoi tappezzati di crocifissi, la regia di Seidl si muove tra le pareti asettiche di una struttura di recupero; già in tenerissima età gli austriaci stanno male, si sentono inadeguati, vivono di surrogati della realtà in cerca di qualcosa di diverso, un Paradiso che non è più un mare o un pene lungo o un crocifisso o un sentimento religioso, ma la proiezione nell'amore per un uomo maturo di una speranza per il futuro, una voglia di crescere e di allontanarsi da una gabbia di grigiore.

La disperazione che lascia il posto alla paura.


VP