Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

martedì 25 dicembre 2012

Blow-Up (1966) by Michelangelo Antonioni


Blow-Up (1966)
di Michelangelo Antonioni

David Hemmings (Thomas)
Vanessa Redgrave (Jane)
Sarah Miles (Patricia)
John Castle (Bill)
Peter Bowles (Ron)
Jane Birkin (the blonde)
Veruschka von Lehndorff (Verushka)
Gillian Hills (the brunette)


Uno degli aspetti più affascinanti del Cinema è come molti film cambino nell'arco degli anni e delle decadi. Un cambiamento strettamente connesso con i gusti del pubblico e la percezione estetica dello stesso. Film che sono legati alla loro epoca e che non potrebbero che essere valutati e discussi se non traslando il proprio attuale punto di vista alle esigenze e alle modalità di visione dell'opera al tempo a cui appartiene.

E non c'è davvero nulla di più anacronistico, invecchiato, privo di rinnovamento del giovanilismo anticonformista a cavallo tra gli anni '60 e '70. Sarà che in questa ultima metà di secolo lo abbiamo discusso, lo abbiamo criticato, lo abbiamo vissuto (o almeno cercato di viverlo) a lungo fino a usurarne lo spirito che aleggiava dentro noi stessi e nella società in cui viviamo; sarà che la Storia ci ha allontanato e di molto dalla genuina libertà e autarchia che certi film presentavano invitandone i giovani di allora ad abbandonarvisi con partecipazione.

Fatto sta che nel 2012 che sta finendo, molti film dal muto agli anni '40 ci sembrano più vicini a noi rispetto alle storie di fotografi professionisti della "swinging London", che sfidano il potere delle immagini mettendo in discussione persino la realtà, mentre nel frattempo si divertono a prendere a pesci in faccia le fanciulle in fiore desiderose di essere immortalate e mentre un curioso stalking a una coppia appartata in un bosco cela addirittura un omicidio.

Blow-Up, prima trasferta internazionale di Antonioni che precedette il caso più eclatante di Zabriskie Point, presenta attingendo dal Free Cinema inglese tutte le caratteristiche di quella modernità a cui abbiamo smesso di credere.

Il fotografo Thomas interpretato dal David Hemmings, che 9 anni più tardi vedremo nella Torino di Profondo Rosso, è un simbolo di forza giovanile ormai datata; la Londra eclettica fatta di bohème e prefabbricati adibiti a studi fotografici, a loro volta adibiti ad abitazioni, oggi potrebbe essere una Berlino; la scena finale con un gruppo di giovani hipster che mimano una partita di tennis di cui il protagonista sente i balzi della palla e rintocchi delle racchette immaginarie racchiude una riflessione sulla realtà e su ciò che nascondono le immagini (il tema centrale del film) che nel 1966 era geniale e innovativa ma oggi risulta didascalica appesantendo la complessiva leggerezza registica di Antonioni.

Restano il fascino di Vanessa Redgrave in una delle sue prime apparizioni, le allusioni sessuali nelle pose fotografiche, rimasta nella memoria la scena con Thomas accovacciato sulla sua modella, la forza del silenzio in cui, confrontando le foto scattate al parco, il fotografo scopre l'omicidio dalle direzioni degli sguardi dei suoi soggetti. Così come restano il sapiente studio dell'architettura post-industriale, presente da sempre nel regista ferrarese, la scelta di raccontare la capitale inglese senza ricorrere alla scontata banalità delle sue icone più popolari, il jazz di Herbie Hancock che condisce la visione di effervescenza sonora e mistero.


VP