Melancholia (2011)
di Lars von Trier
Kirsten Dunst (Justine)
Charlotte Gainsbourg (Claire)
Kiefer Sutherland (John)
Charlotte Rampling (Gaby)
John Hurt (Dexter)
Alexander Skarsgård (Michael)
Brady Corbet (Tim)
Cameron Spurr (Leo)
Questa recensione è dedicata a Eugenio Paniccia, che credo si troverà d'accordo con il sottoscritto.
Quello di Justine non è un matrimonio felice. In una residenza principesca davanti a un campo da golf di 18 buche si consumano i festeggiamenti mal riusciti di un'unione destinata a durare poco. Perché, tra una madre frigida e nichilista (Charlotte Rampling), un padre bizarro e tanto caro quanto distaccato (John Hurt), e un datore di lavoro che anche in una notte così importante cerca di tirare fuori dalla festeggiata lo slogan giusto per una nuova campagna pubblicitaria, l'amore tra la protagonista e Michael è presto rimpiazzato dalle drammatiche sensazioni della prima: Justine sente la natura e un pianeta si sta minacciosamente avvicinando alla Terra con tutto quello che ne consegue.
Al cinefilo più appassionato fa tornare in mente Veronica che, con la mano posata sull'albero, chiude gli occhi per ascoltare la risposta all'enigma sulla sua doppia vita nel film di Krzysztof Kieslowski, la scena su cui più si scatenarono gli ormoni e le interpretazioni intellettuali degli anni '90.
E questa suggestione è il cuore della nuova opera del danese più scandolasamente festivaliero del Cinema, che da qualche film a questa parte si sta rivelando quello che mai avremmo pensato fino a qualche anno fa: un autore senza continuità, che, come Wim Wenders e molti altri, riesce ormai a dare il meglio di sé in opere piccole e di poche pretese (come il divertentissimo Il Grande Capo) e deludere quando il proprio ego sbatte lo spettatore davanti alle proprie ossessioni.
Pur senza cadere nell'atroce iperrealismo horror cerebrale di Antichrist, Melancholia è un collage diseguale (diviso in due parti totalmente disomogenee) di guerre di sguardi, cattiverie, psicologie deviate e vezzi da fantascienza psicologica. Solaris di Tarkovskij è un pianeta affine ma completamente distante per profondità e emozione. Il ruolo di Claire (Charlotte Gainsbourg), che fungerebbe non solo da sorella ma anche da umano contraltare alla freddezza e al fatalismo di Justine, risulta povero, poco approfondito anche nel rapporto con il figlio.
La cosa che davvero rimarrà di Melancholia è la bellezza di Kirsten Dunst. L'ex bambina cattiva di Intervista Col Vampiro e fidanzata di Spiderman è filmata al meglio per risaltarne le doti fisiche e lo sguardo etereo. I piani sequenza che la vedono trasognata e preda dei suoi sensi (tanto da sdraiarsi nuda davanti a un ruscello per farsi illuminare dalle luci del pianeta che avanza inesorabilmente) sono bellissimi nel loro tocco dark/patinato. La camera traballante di molte scene, soprattutto quelle iniziali della festa, che ci ricordano i bei tempi di Dogma 95, non risulta fastidiosa ma neanche funzionale.
Pare evidente che von Trier sia in confusione. I suoi ultimi film hanno belle immagini ma non graffiano o colpiscono allo stomaco. Non fanno più male: una cosa incredibile se pensiamo che trattasi dello stesso autore di Le Onde Del Destino e Idioti.
VP